Oddio, due settimane... La legge di conversione è entrata in vigore mi pare il 17 settembre e il DL è di ferragosto /emoticons/biggrin@2x.png 2x" width="20" height="20"> (tuttavia non ricordo se le norme in discussione siano state introdotte già con il DL o solo in sede di conversione...)
lette le norme vi dico come la penso. il DL citato, a mio parere, permette all'amministrazione finanziaria di sapere solo presso quali operatori finanziari i contribuenti hanno dei rapporti (il 605/73, infatti, parla di dati identificativi), non andare materialmente a vedere cosa c'è nei conti. le indagini finanziarie (controllare il contenuto dei conti) seguono le regole del passato, con le relative autorizzazioni e nell'ambito dell'accertamento, quindi niente di preventivo.
La legge esiste, che poi non venga rispettata a mio avviso dipende sia da chi accerta che da chi viene accertato. L'Italia è uno strano paese, in cui tutti si lamentano del mancato rispetto di alcune norme, e pochissimi fanno qualcosa per fare in modo che siano rispettate. I tempi della legge sono quelli che sono e li conosciamo tutti, ma non avvalersi di uno strumento di tutela (seppur unanimente considerato scarso) fornito dal legislatore a mio avviso rientra nelle responsabilità del contribuente. Dove hai letto che ho detto che non possono acquisire dati? Ho scritto che non sono d'accordo sulla possibilità di richiedere qualsiasi tipo di informazione, "Tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all'esercizio di attivita' commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali sono effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo" (art. 12 comma 1).
lo diceva a me. e io ho risposto che gli unici dati "bancari" che possono chiedere e ottenere, al di fuori di un accertamento, è la disponibilità di rapporti bancari, non il contenuto di essi.
Ah Cristiano!!! Nun ce provà!!! L'art. 12 dice una cosa diversa, dovresti sottolineare in rosso anche "nei locali destinati all'esercizio ..." "Tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all'esercizio di attivita' commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali sono effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo" E' una cosa diversa. Lo Statuto del Contribuente vuole limitare al massimo i disagi derivanti dall'accesso ispezione e verifica nei locali destinati all'attività. Quello che affermo io è diverso. Prendiamo ad esempio una società a ristretta base societaria, se l'AdE ha deciso di verificare l'azienda, ancor prima di notificare un accertamento, puo' effettuare una indagine finanziaria sui conti della società e dei soci. Tutto questo avviene con la richiesta agli istituti di credito degli estratti conto di società e soci e notificando ai contribuenti che è stata effettuata tale richiesta. Dall'analisi dei movimenti finanziari, l'Ufficio, eventualmente, invita i contribuenti a fornire giustificazioni in merito a talune operazioni. Se il contribuente in fase di invito (e quindi prima dell'emissione di un avviso di accertamento) giustifica queste operazioni, la procedura si chiude.
Diritto e pratica delle societa' Accertamenti finanziari: poteri dell’Amministrazione e garanzie per il contribuente Analisi delle cautele predisposte dalla disciplina fiscale e codiscistica a favore dei contribuenti e degli intermediari finanziari, sui quali il Fisco esercita ampi poteridi imposizione di obblighi di trasmissione di informazioniper ottenere l'esatto adempimento delle obbligazioni fiscali. Le indagini dell'Amministrazione finanziaria volte ad accertare la reale consistenza della materia imponibile possono indirizzarsi sia nei confronti del contribuente sospettato di aver violato la legge, sia nei riguardi di soggetti terzi al fine di acquisire elementi di prova a carico del contribuente(1). Accertamenti fiscali presso intermediari finanziari Nel novero di questi soggetti, assumono particolare rilievo gli intermediari finanziari(2) sicché, recentemente, il legislatore ha concentrato la propria attenzione sul tema degli accertamenti presso di loro. Ci si riferisce, in particolare, all'art. 1, comma 402, legge 30 dicembre 2004, n. 311 che ha profondamente innovato l'art. 32, comma 1, nn. 5 e 7, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e le corrispondenti disposizioni dell'art. 51 D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 ampliando il novero dei poteri riconosciuti all'Amministrazione finanziaria(3), nonché all'art. 37 D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 che ha modificato i commi 6 e 11 dell'art. 7 D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605 introducendo l'obbligo per gli operatori finanziari di comunicare all'Anagrafe tributaria l'esistenza e la natura dei rapporti da essi intrattenuti, nonché l'indicazione dei dati anagrafici dei titolari(4). Ampliamento dei poteri degli Uffici fiscali A seguito di tali modifiche, gli Uffici finanziari possono ottenere informazioni circa « qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati » dai contribuenti con banche, società Poste italiane s.p.a., intermediari finanziari, imprese di investimento, organismi di investimento collettivo del risparmio, società di gestione del risparmio, società fiduciarie. È stata così coinvolta l'intera platea degli intermediari finanziari i quali possono non solo essere destinatari di richieste di informazioni riguardanti le operazioni da loro svolte, ma devono anche provvedere a comunicare periodicamente talune di queste informazioni. L'ampliamento dei poteri riconosciuti agli Uffici fiscali di imporre obblighi di trasmettere dati, notizie e documenti, ed eventualmente di fornire spiegazioni dei rapporti intrattenuti, comporta non solo la compressione della sfera di libertà del contribuente sottoposto a verifica, ma anche dei soggetti terzi (gli intermediari finanziari) coinvolti(5). È così emersa la necessità di introdurre una serie di cautele per contemperare i confliggenti interessi in gioco: quello dell'Amministrazione finanziaria all'esatto adempimento dell'obbligazione tributaria, quello del contribuente alla tutela della propria libertà e quello degli operatori finanziari al libero esercizio di un'attività economica. Preventiva autorizzazione La prima cautela riconosciuta al contribuente risiede nella circostanza che gli Uffici, per procedere a tale tipo di indagine, devono ottenere la «previa autorizzazione del direttore centrale dell'accertamento dell'Agenzia delle Entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il corpo della Guardia di finanza, del comandante regionale ». Come chiarito dall'Agenzia delle Entrate nella circolare 19 ottobre 2006, n. 32/E, si tratta di un atto discrezionale la cui funzione è quella di costituire una vaglio preventivo all'operare degli Uffici. Essa deve essere rilasciata in presenza di precisi requisiti; in particolare, occorre la nominativa indicazione del contribuente o, in caso di accertamento nei confronti di società fiduciarie(6), del rapporto oggetto di accertamento. Senza le suddette specificazioni, l'autorizzazione non dovrebbe essere concessa, risultando altrimenti illegittima sì da travolgere l'intero procedimento e l'eventuale avviso di accertamento. Occorre però precisare che, dal momento che il provvedimento autorizzativo è un mero atto prodromico che non cagiona di per sé danno diretto al contribuente, questi potrà farne valere l'illegittimità solo al momento dell'impugnazione dell'avviso di accertamento. Infatti, solo i provvedimenti che prevedono una richiesta di denaro a titolo di tributo sono ricorribili in sede giurisdizionale. L'autorizzazione, inoltre, non deve essere allegata alle richieste di informazioni inoltrate agli intermediari finanziari. L'Agenzia, nella menzionata circolare n. 32/E/2006, giunge a tale conclusione muovendo dal diritto alla riservatezza del cliente la cui tutela è imposta dal D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 c.d. Codice in materia di protezione dei dati personali. Tale normativa impone il rispetto del patrimonio riservato di cui è titolare il cliente per evitare che l'autorizzazione, specie se motivata con notizie che potrebbero rivelarsi screditanti sotto il profilo economico-tributario, possa trasformarsi in un atto lesivo dei suoi rapporti con l'intermediario. Obbligo di immediata comunicazione al contribuente L'operatore finanziario, una volta ricevuta la notifica(7) della richiesta, deve darne notizia immediata al contribuente interessato. Come chiarito dalla circolare n. 32/E/2006, sono da considerare contribuenti « non solo le p ersone fisiche e giuridiche ( ...) , ma ogni altro soggetto, titolare o meno di situazioni giuridiche che costituiscono il presupposto del tributo» (8). Parrebbe pertanto non sussistere alcun obbligo di informare della richiesta ricevuta né i soggetti con i quali non vengano intrattenuti rapporti, né qualsiasi altro terzo soggetto le cui generalità possano emergere dai dati, notizie o documenti da fornire agli uffici. Secondo quanto suggerito dall'Abi nella circolare 23 febbraio 2006, n. 5, l'obbligo di informazione riguarda esclusivamente il contribuente interessato, vale a dire il contribuente sottoposto ad accertamento, al nominativo del quale l'Ufficio finanziario ha riferito la richiesta della copia dei conti indirizzata all'intermediario finanziario. Ragioni di opportunità potrebbero però suggerire di ampliare la platea dei soggetti destinatari, fermo restando, comunque, il rispetto del diritto alla privacy . Al riguardo, l'Agenzia precisa che, alla luce delle nuove disposizioni, essa può procedere all'immediata acquisizione dei conti cointestati e dei conti in disponibilità dei quali, invece, in prima battuta, si poteva solo ottenere la segnalazione per poi acquisirne la copia nella successiva fase del questionario. Tale effetto di concentrazione degli elementi acquisibili ha come ulteriore conseguenza, precisa l'Agenzia, « la possibilità di ottenere contestualmente ai conti, siano essi cointestati ovvero in disponibilità, i nominativi, rispettivamente, dei soggetti cointestatari e dei titolari dei conti sui quali il contribuente ha, a vario titolo, la disponibilità di operare secondo quanto risulta agli atti presso l'intermediario» (9). Pare quindi che, alla luce dell'allargamento(10) dei poteri riconosciuti all'Agenzia, non si possa escludere l'opportunità di inoltrare la summenzionata comunicazione non solo al soggetto intestatario del conto, ma anche agli altri soggetti che possono risultare coinvolti, nel rispetto, come anticipato, del diritto alla privacy del primo. Una volta che il contribuente abbia ricevuto la comunicazione da parte dell'intermediario, ci si deve allora chiedere se egli possa adottare immediati comportamenti a tutela delle proprie ragioni. A questo proposito occorre distinguere tra i rimedi previsti dal Diritto tributario e i rimedi accordati dal Diritto civile. Con riferimento alla prima ipotesi, si concentrerà l'attenzione sui diritti concessi al contribuente nella fase antecedente l'emissione dell'avviso di accertamento, tralasciando, invece, la fase successiva durante la quale, come noto, al contribuente è riconosciuto il potere di impugnare l'avviso stesso. Rimedi concessi dal Diritto tributario nella fase endoprocedimentale Relativamente ai poteri riconosciuti al contribuente durante lo svolgimento dell'accertamento, assume particolare rilievo il diritto di accesso agli atti. A questo proposito, l'Amministrazione finanziaria, nella circolare n. 32/E/2006, fa proprio quell'orientamento giurisprudenziale secondo cui l'autorizzazione, quale atto preparatorio allo svolgimento della fase endoprocedimentale dell'istruttoria, non assume rilevanza esterna e autonoma ai fini della sua immediata impugnabilità, in quanto non immediatamente, né certamente lesivo sotto il profilo tributario della posizione giuridica del contribuente interessato che non ha ancora subito o potrebbe addirittura non subire alcun atto impositivo. Tale posizione dell'Agenzia delle Entrate riposa sulla giurisprudenza del Consiglio di Stato e, in particolare, sulla decisione 7 aprile 1995, n. 264 che si segnala per l'affermazione di alcuni principi, così riassumibili: al contribuente non è consentita la conoscenza nel corso del procedimento di accertamento dell'atto con il quale il dirigente competente abbia autorizzato gli organi accertatori a richiedere agli intermediari finanziari i documenti e le informazioni relative ai conti intrattenuti con il contribuente(11); l'esercizio del diritto di accesso è consentito al contribuente solo al termine del procedimento così da potere controllare la legittimità dell'atto ed eventualmente sindacare in via contenziosa l'atto di accertamento; gli atti amministrativi emessi nel corso del procedimento tributario (o le decisioni di effettuarli) non sono dotati di autonoma impugnabilità. L'Agenzia delle Entrate non tralascia la circostanza che la legge n. 241/1990 che ha sancito il diritto di accesso agli atti, sia stata modificata dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15 recante Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi . La nuova disciplina in materia di accesso ha delineato con maggiore chiarezza anche i limiti all'esercizio di tale strumento. Il nuovo testo dell'art. 24 della legge n. 241/1990 contiene un'elencazione, da considerarsi tassativa, delle ipotesi di esclusione. Fra queste, per quanto qui di interesse, è previsto il caso dei «procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano » (lett. b , comma 1).La disposizione da ultimo menzionata pare così attribuire carattere di specialità al diritto di accesso in materia tributaria. Infatti se, da un lato, viene escluso che il contribuente possa esercitare tale diritto così come disciplinato dalla stessa legge n. 241/1990 dall'altro, tuttavia, si rinvia alla legislazione speciale per offrire una regolamentazione autonoma, quasi a voler sottintendere che l'accesso non è escluso a priori (12). In materia tributaria, tale specifica regolamentazione si rinviene, in primis , nello Statuto dei diritti del contribuente ( legge 27 luglio 2000, n. 212). L'art. 7 dello Statuto prevede che gli atti del procedimento tributario devono indicare « i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione (...). Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama ». Vi è, pertanto, l'obbligo di riportare integralmente, in ogni atto tributario con cui sia formalizzata una decisione dell'Amministrazione, i contenuti degli atti presupposti ovvero di richiamare questi ultimi per relationem e di allegarli. Inoltre, l'art. 10 della medesima legge sancisce l'obbligo di improntare i rapporti fra Amministrazione e contribuente al principio della collaborazione e della buona fede . Anche il diritto di accesso agli atti sarebbe espressione di tali principi e potrebbe così trovare spazio anche nel Diritto tributario. Alla luce delle considerazioni che precedono pare, comunque, doversi concludere escludendo la possibilità per il contribuente di far valere il diritto di accesso agli atti del procedimento. Pur ritenendosi auspicabile un nuovo intervento legislativo che meglio coordini la legge n. 241/1990 con i principi dello Statuto del contribuente, allo stato attuale(13) non può non darsi atto che il consolidato orientamento giurisprudenziale nega al contribuente tale facoltà, come anche riconosciuto in dottrina(14). In definitiva, nella fase endoprocedimentale, le possibilità di partecipazione del contribuente sono significativamente compresse(15).
Possibili rimedi accordati dal Diritto civile Spostando l'attenzione sui profili di Diritto civile, si deve verificare se esso accordi al contribuente una qualche forma di tutela. Se in tale prospettiva il contribuente non può certamente agire nei confronti dell'Amministrazione finanziaria, si deve, però, verificare se possa agire nei confronti degli intermediari finanziari qualora siano inadempienti all'obbligo di immediata comunicazione precedentemente illustrato. In effetti, potrebbe non essere infondato ritenere che l'obbligo posto dalla norma tributaria rilevi anche in ambito civilistico per il tramite del principio della buona fede di cui all'art. 1375 cod. civ. secondo cui il contratto « deve essere eseguito secondo buona fede » e della correttezza nell'adempimento delle obbligazioni contrattuali sancito dall'art. 1175 cod. civ. ai sensi del quale «il debitore e il creditore debbono comportarsi secondo le regole della correttezza ». Come chiarito in dottrina(16) e giurisprudenza(17), il principio di buona fede rappresenta una clausola generale attraverso cui è possibile imporre alle parti doveri al di là di quelli previsti direttamente nel contratto o doveri derivanti dalla legge o dagli usi. La norma tributaria di cui all'art. 32 D.P.R. n. 600/1973 può, per tale tramite, assumere rilevanza sul piano civilistico e contribuire a definire il contenuto degli obblighi cui è tenuto l'intermediario finanziario. Collocandosi la responsabilità dell'intermediario nell'alveo della responsabilità contrattuale di cui agli artt. 1218 e segg. cod. civ., conseguirebbe che al contribuente spetti dimostrare: l'inadempimento dell'intermediario; il danno subito. Con riferimento alla prova dell'inadempimento, si ricorda che, secondo la giurisprudenza(18), è sufficiente provare la fonte (negoziale o legale) del diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre spetta al debitore convenuto provare l'avvenuto adempimento. Relativamente alla prova del danno subito, il contribuente potrebbe trarre vantaggio dell'allargamento, ancora ad opera della giurisprudenza(19), delle fattispecie di danno risarcibile. È ora ammesso il risarcimento del danno da c.d. perdita di chance (20). È, infatti, ormai pacificamente(21) riconosciuto che anche la sola possibilità di ottenere un risultato (e non il raggiungimento di quel risultato) abbia una propria consistenza patrimoniale e che, laddove vengano sottratte a tale possibilità le condizioni per tramutarsi in realtà, quella consistenza patrimoniale debba essere risarcita(22). Il contribuente, così, potrebbe dimostrare che, a seguito della comunicazione da parte dell'intermediario, meglio avrebbe potuto esercitare il proprio diritto di difesa nella successiva fase contenziosa nei confronti dell'Amministrazione finanziaria. Non può comunque farsi a meno di osservare che la presente ricostruzione può avere un debole impatto pratico. Infatti, la compressione, nella fase endoprocedimentale, dei diritti e delle facoltà del contribuente si riflette sul piano del Diritto civile rendendo assai difficile allo stesso contribuente dimostrare di aver subito un effettivo danno. Considerazioni conclusive Alla luce dei numerosi interventi normativi che si sono succeduti nel corso degli ultimi anni, il sistema delle indagini finanziarie risulta particolarmente articolato. In questo contesto, l'autorizzazione è divenuta la chiave di volta del sistema(23) e lo strumento per tutelare l'interesse alla riservatezza dei conti correnti bancari e porre i privati al riparo dall'esercizio arbitrario del potere di indagine(24). Opportunamente, e in maniera del tutto condivisibile, l'Agenzia, nella più volte menzionata circolare n. 32/E/2006, ha precisato che tale autorizzazione ha « il precipuo scopo di evitare l'affiorare di prassi collocabili nell'alveo delle c.d. fishing expedition ossia di richieste che non trovano radice in obiettive esigenze istruttorie connesse ad attività di indagine in corso. Tali richieste, in quanto non rispondenti alla ratio legis che ha ispirato la novella introdotta dalla legge, devono considerarsi non adeguatamente motivate e, come tali, devono essere respinte dalle autorità competenti al rilascio dell'autorizzazione ». È stato così chiarito che i penetranti poteri di cui all'art. 32, n. 7, secondo periodo, D.P.R. n. 600/1973 non potranno essere utilizzati per fornire all'Amministrazione finanziaria il punto di partenza della propria attività, bensì saranno una fase di un procedimento già avviato(25). Eventuali comportamenti illegittimi dell'Amministrazione saranno però sindacabili dal contribuente solo avverso il successivo avviso di accertamento. Il contribuente non può, quindi, immediatamente esercitare il proprio diritto costituzionale alla difesa, bensì dovrà attendere un momento successivo. Attraverso questo compromesso, il legislatore ha cercato di realizzare quell'equo contemperamento di interessi indicato dalla Corte costituzionale nella nota sentenza 18 febbraio 1992, n. 51(26), secondo cui il legislatore deve armonizzare i principi che regolano la disciplina delle attività economiche e quelli che regolano la proprietà (artt. 41, comma 2, e 42, comma 2, Cost.) con l'obbligo di concorrere alle spese pubbliche in ragione del principio di capacità contributiva (art. 53 Cost.) (27). Il quadro che ne risulta, pur complessivamente soddisfacente, pone, comunque, il contribuente in una posizione non agevole. In particolare, l'impossibilità di esercitare il diritto di accesso agli atti lo pone nella condizione di non poter efficacemente dialogare con l'Amministrazione; né appare del tutto sufficiente la previsione dell'obbligo di immediata comunicazione da parte degli intermediari finanziari, tanto più che l'inosservanza di tale obbligo può, solo in via del tutto eventuale ed eccezionale, risultare sanzionata all'esito di un complesso processo civile.
enrico, non capisco il senso dei due post. sono tutte cose risapute, è il sistema di indagini finanziarie in vigore da anni, nel corso dell'accertamento. quello che si contesta (almeno da parte mia) è quello che avviene preliminarmente all'accertamento. per rispondere alla tua domanda precedente, l'accertamento, a mio parere, inizia nel momento in cui il contribuente acquisisce i propri diritti (quello di farsi assistere da un professionista, i termini per la conclusione, le giornate di accesso in azienda, ecc), quindi, a grandi linee, dal momento in cui il contribuente stesso sa formalmente di essere sottoposto a controllo. tra l'altro è spiegato bene nella citata circolare 32/E. le acquisizioni preventive di dati bancari che vanno al di là della mera indicazione dei rapporti intrattenuti non sono possibili. tutto questo imho, ovviamente.
In ordine alfabetico! Alfano Berslusconi Brunetta Calderoli e così via. /emoticons/biggrin@2x.png 2x" width="20" height="20"> Scherzi a parte Enri, anche in PM, mi sai dire cosa rischio a intestarmi n'Opel Omega dem***** 3000cc a gpl di 10 anni fa, con atto di vendita di 2700 euro dichiarati, e con un reddito lordo annuale sotto i 20.000 euro? Mi serve per lavori domestici e traino, non ho voglia di scomodare mia nonna e intestarla a lei. Il 2000cc traina 3 quintali in meno, mi serve proprio quella.
Ma con il redditometro sulle varie voci devo mettere l'importo annuale giusto? Tipo bolletta del telefono o cellulare 1000 € annui Ma questa voce la devo inserire sia se lo scarico o non lo scarico o solo se lo scarico?!? Idem per tutte le altre cose?!? E se per caso pago 1000 ma in realta pago 1500 che succede?!?
il senso è che l'AdE puo' procedere a richiedere informazioni bancarie prima di emettere un avviso di accertamento. E' OVVIO che si tratta di contribuenti che rientrano in liste selettive di contribuenti accertabili altrimenti cosa se ne faceva il funzionario dell'AdE dell'estratto conto di nonna Maria?? Questo è possibile fin da subito, notificando al contribuente la richiesta fatta agli intermediari finanziari. Le indagini possono sfociare in un accertamento o nella sua archiviazione. ps tralascio le novita in tema di spesometro che certamente conoscerai ..
quando a un contribuente arriva la notifica che l'Ufficio ha richiesto informazioni all'istituto di credito il contribuente NON acquisisce alcun diritto alla difesa semplicemente perchè NON deve difendersi!! Il suo diritto alla difesa nasce quando l'Ufficio, assunti e elaborati i dati, ti invita a fornirgli chiarimenti. Da quel momento inizia l'accertamento /emoticons/wink@2x.png 2x" width="20" height="20">
forse ci siamo persi, provo a fare ordine. si era partiti da questa affermazione: ed è da smentire assolutamente, perchè, come hai detto anche tu (enricob) citando le circolari dell'agenzia, quest'ultima non può richiedere i conti per "fare selezione". i conti possono essere esplorati soltanto nell'ambito di un accertamento (e neanche si può dire che stilare elenchi di soggetti sia un accertamento). le novità del decreto di ferragosto permettono soltanto di associare, in anagrafe tributaria, a ogni soggetto, i propri rapporti finanziari.
ALT!! Io ho parlato di tutto cio' che è avvenuto fino adesso, la manovra di Ferragosto, come dice giustamente Gio72, permetterà di utilizzare le comunicazioni degli intermediari finanziari per predisporre le black list! Ti riporto uno stralcio della Settimana FIscale "L’art. 2, co. 36-undevicies, L. 14.9.2011, n. 148/2011, di conversione del D.L. 138/2011 (manovra di Ferragosto), infine, consente all’Amministrazione finanziaria, di utilizzare le comunicazioni effettuate dagli intermediari finanziari all’Anagrafe tributaria – ai fini delle richieste e delle risposte di cui al citato n. 7), co. 1, dell’art. 32, D.P.R. 600/1973 (oltre che nell’ambito delle attività di riscossione o di attività penali) – per selezionare i contribuenti da sottoporre a verifica. In termini operativi, il Fisco potrà – una volta raggiunto un accordo con gli operatori finanziari – predisporre delle elaborazioni dei dati in possesso degli intermediari al fine di produrre delle «black list» basate sulle anomalie intercettate nella gestione delle singole posizioni finanziarie dei contribuenti, prima di esperire qualsiasi attività di accertamento e senza alcuna autorizzazione." “La Settimana fiscale” del 4.11.2011, n. 40, pagg. 13-14 – di Luigi Galluccio e Gavino Putzu
io non contesto quello che scrivono le penne illustri /emoticons/wink@2x.png 2x" width="20" height="20"> però mi spiegano come fanno a produrre una black list o comunque a tirar fuori dei soggetti fiscalmente pericolosi dal mero dato di avere un conto corrente? io ho 3 conti correnti ma non c'ho na' lira! un grande evasore potrebbe avere un solo conto (o anche nessuno, se non è fesso) e non essere mai tirato in ballo. ho il sospetto che siano solo chiacchiere (non le tue, per carità, parlo delle norme).