Ed eccoci qui. In uno dei miei pellegrinaggi mentali nell'esplorazione dell'animo umano, questa sera mi sono imbattuto in una questione tanto complicata quanto intrigante. La felicità. Personalmente la ritengo irraggiungibile e pertanto assolutamente perfetta in quanto tale. Ogni stato d'animo, una volta raggiunto, cambia: a volte in maniera impercettibile, a volte pesantemente, ma cambia. Il Devoto Oli la definisce come "la compiuta esperienza di ogni appagamento". Non uno o mille: ogni! Quindi, la felicità è il sogno ideale e perfetto, destinato a rimanere tale poichè irraggiungibile e idealizzabile. La domanda che ho (e mi sono) posto è stata: è esistito, nella nostra vita, un solo giorno, purché intero, nel quale siamo stati completamente, assolutamente felici, dall'inizio alla fine? La piena coscienza della mia emotività m'impedisce di fatto, o mi inibisce, di provare questa "beatitudine celeste"?
Accidenti, sono caduto in un pozzo senza fondo decidendo di rispondere.... quello che ti posso dire è che per mia natura (sempre insoddisfatto, alla ricerca del tutto, edonista nato....) la felicità di un giorno, come dici, dall'inizio alla fine credo di non averla mai avuta. Credo anche che non l'avrò mai, aimè. La felicità, per quel che ho capito nel mio percorso di vita, tuttavia, non è così impossibile se sei una persona che apprezza ogni istante e ne percepisce SOLO il lato positivo. Perchè ogni medaglia ha il suo rovescio. Quindi occorre imparare a guardare ora la medaglia, ora il rovescio, a seconda di quale sia il lato che più ti aggrada. :wink:
Le felicità non è un bene finale e/o universale. La felicità non si ha in un'unica soluzione come un pacco regalo. La vita è fatta di piccoli momenti che presi singolarmente ti lasciano quel simpatico sorriso ebete sulla faccia, ma che se li metti insieme uno ad uno fanno la tua felicità.
Forse il punto non è scoprire quando siamo completamente felici ma capire invece quando siamo solamente meno infelici?
Direi piuttosto appagati, tra un boccone dolce ed uno amaro, alla fine se il pasto è stato piacevole lo ricorderai x i soli bocconi saporiti. Perché quelli amari ti hanno insegnato cosa preferisci :wink: Volendo fare una similitudine
Combinazione qualche giorno fa rileggevo una vecchia discussione. Fra una cretinata e l'altra ero anche riuscito a dare una risposta seria: http://www.bmwpassion.com/forum/showpost.php?p=2974648&postcount=22
I bocconi di felicità Ho letto, sembra proprio che te la sentivi. Quando bacio i miei figli, le emozioni che provo distintamente sono amore e gratitudine, quest'ultima per avermi reso ogni giorno un uomo migliore. Proseguendo nell'analisi: "Cosa ti manca per essere felice?" "Cos'hai che ti rende infelice?" Se faccio - come ho fatto - queste domande a delle persone, generalmente la risposta che ottengo è "niente" ad entrambe. E a pensarci bene è proprio così: se realmente fossimo in grado di capire e di conoscere profondamente qual'è quell'ingrediente finale, quel pizzico risolutore, quell'entità che ci manca per essere abbracciati dalla felicità e spezzare quelle catene che ci legano all'infelicità, perché non lo faremmo? Quindi è vero, il niente, astratto e fumoso, intangibile ed effimero, rappresenta il vero e definitivo ostacolo al compimento della nostra ricerca? Nella mia immaginazione, la felicità è rappresentata da una sorta di energia, ambrata, calda, avvolgente e pulsante, una sorta di aura immateriale perennemente sospesa davanti ai miei occhi, ma che frequentemente non riesco a vedere, non tanto a lungo quanto vorrei. Si afferma che un sorriso equivale alla felicità; oppure è soltanto gioia? E se i sentimenti e le emozioni si trasformano in continuo, come e soprattutto in cosa si trasformerebbe la felicità? Non sarebbe forse costretta dalla sua propria inarrivabile potenza a diventare qualcosa di più misero?
Penso di si. Volendo dare un contenuto a quel "niente", penso lo si possa individuare come "equilibrio interiore". Equilibrio che fa sì che si possa essere intimamente (anche inconsapevolmente) felici pur in un momento di difficoltà. In questo senso considero la felicità come speculare alla depressione. Il depresso non ha bisogno di situazioni tragiche per alimentare il suo malessere. Spesso ne amplifica gli effetti per giustificare il suo stato e fornirsi un alibi. Allo stesso modo la persona felice non ha bisogno di momenti di gioia per esserlo.
Ma quindi abbiamo bisogno di conoscere l'infelicità per capire quando si è (stati) felici? Una seconda definizione, che peraltro ho citato, è "beatitudine celeste": come se non bastasse già la compiuta esperienza di ogni appagamento, l'asticella è stata spostata ancora più in alto. Anche perchè non si parla di un momento, di un attimo o di un insieme di attimi, ma di uno stato d'animo permanente. Il Dalai Lama suggerisce che la felicità consiste nel donarsi agli altri, nell'affrontare con pacatezza e mitezza ogni singolo avvenimento, nel rendersi migliori ai propri occhi. Ma lui sarà felice? Oppure essendo privo di ambizioni terrene non ritiene la felicità un traguardo del quale preoccuparsi? Facciamoci caso, perchè se pensiamo intensamente alla felicità alziamo il nostro sguardo, pensiamo davvero che la felicità sia da qualche parte nel cielo, sopra di noi? Quando una persona è convinta di essere felice, si dice che tocca il cielo con un dito. Quindi, lassù, da qualche parte, esiste forse un qualcosa che esercita su di noi un'attrazione cosmica, che ci fa sembrare dei "dormienti" in attesa della chiamata? Ma perchè (la felicità) non potrebbe invece nascondersi tra i nostri piedi, oppure sottoterra o nel profondo del mare? Non è che il segreto più grande dell'uomo consista proprio in questo?
Vedi noi guardiamo al cielo perché è un qualcosa di imperscrutabile, ci affascina e ci piace pensare che la, oltre il visibile ci sia qualcosa, in quell'infinito Nessuno pensa a sotto terra, perché primo è li che un giorno finirai e secondo perché non vedi oltre ai tuoi piedi ed aggiungo che è un posto finito. Non ci affascina l'invisibile. Infatti non è più sexy una donna vestita con trasparenze piuttosto che nuda o completamente vestita? È in quel momento che scopri che la felicità è flirtare con l'impossibile. L'uomo è fatto così. Noi aneliamo al difficile come conquista, questo ti da la voglia e la forza x spingerti oltre, la felicità del rincorrere... Penso che alla fine la felicità sia una sorta di corsa, ed il traguardo non è altro che il soffocamento della stessa. Qualunque cosa ottieni, alla fine non ti soddisfa come la fatica che hai provato x raggiungerla. Diventa evidente che la felicità in quanto stato di beatitudine non è altro che una serie di parentesi lungo un percorso! Che ti può dare allegria tristezza affanno soddisfazione ecc ecc
Lo percepivo che eri in piena ebollizione da " scrittura "....:wink: e ne sono felice. Davvero notevole, leggo attentamente.
Grazie Claudio per la segnalazione...convengo che la felicita' non si raggiunge mai ed e' questo forse la sua forza...e' un percorso prima di tutto interiore verso il quale ci si avvicina nel momento che siamo appagati nelle cose che riteniamo prioritarie nella vita come l'affetto verso chi vogliamo bene...per il percorso materiariale il film di Muccino (che tra l'altro segnalai come uno dei film piu belli e toccanti in un bel thread sull'argomento) insegna molto...anche se io sono del parere che e' una ricerca continua in quanto una volta raggiunto lo scopo se ne cerca un altro...:wink: Riporto una bellissima frase che lessi tempo fa di cui non ricordo l'autore...ma molto significativa che va interpretata piu nel profondo; "Piu si e' ignoranti e piu si e' felici"
Esatto, l'ho pensato anch'io. Quando nel mio post mi chiedevo se la piena coscienza della mia emotività rappresentava l'ostacolo alla felicità, mi riferivo proprio a questo. Uno stato di ignoranza smussa gli angoli, allinea le superfici, riduce le aspettative e calma gli ardori; ma contestualmente annienta anche il bisogno di essere felici, perchè elimina di fatto ogni desiderio di appagamento. Quindi nemmeno qui sta la soluzione, a parer mio. :wink: Forse "più si è ignoranti e meno si è infelici" non sarebbe più azzeccata?