…lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia marcia, chi non rischia e chi non cambia il colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce. Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle ” i” piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all’errore ed ai sentimenti. Lentamentemuore chi non capovolge il tavolo, chi èinfelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l’incertezza per inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire dai consigli sensati. Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso. Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio, chi non si lascia aiutare. Muore lentamente chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o dellapioggia incessante. Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce. Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lungamaggiore del semplice fatto di respirare…. [un momentoper riflettere - Pablo Neruda]
Ora conteremo fino a dodici e tutti resteremo fermi. Una volta tanto sulla faccia della terra, non parliamo in nessuna lingua; fermiamoci un istante, e non gesticoliamo tanto.... Che strano momento sarebbe senza trambusto, senza motori; tutti ci troveremmo assieme in un improvvisa stravaganza. Nel mare freddo il pescatore non attenterebbe alle balene e l’uomo che raccoglie il sale non guarderebbe le sue mani offese. Coloro che preparano nuove guerre, guerre coi gas, guerre col fuoco, vittorie senza sopravvissuti, indosserebbero vesti pulite per camminare coi loro fratelli nell’ombra, senza far nulla. Ciò che desidero non va confuso con una totale inattività. È della vita che si tratta. Se non fossimo così votati a tenere la nostra vita in moto e per una volta tanto non facessimo nulla, forse un immenso silenzio interromperebbe la tristezza di non riuscire mai a capirci e di minacciarci con la morte. Forse la terra ci può insegnare, come quando tutto d’inverno sembra morto e dopo si dimostra vivo. Ora conterò fino a dodici e voi starete zitti e io andrò via. [Pablo Neruda]
Siamo spagnoli, africani, fenici,cartaginesi, romani, arabi, pisani, bizantini, piemontesi. Siamo le ginestre d'oro giallo che spiovono sui sentieri rocciosi come grandi lampade accese. Siamo la solitudine selvaggia, il silenzio immenso e profondo, lo splendore del cielo, il bianco fiore del cisto. Siamo il regno ininterrotto del lentisco, delle onde che ruscellano i graniti antichi, della rosa canina, del vento, dell'immensità del mare. Siamo una terra antica di lunghi silenzi, di orizzonti ampi e puri, di piante fosche, di montagne bruciate dal sole e dalla vendetta. Noi siamo sardi. [Grazia Deledda] E ci rialzeremo !!! [t.a.g.]
Eroina - Riccardo Mannerini Come potrò dire a mia madre che ho paura? La vita, il domani, il dopodomani e le altre albe mi troveranno a tremare mentre nel mio cervello l’ottovolante della critica ha rotto i freni e il personale è ubriaco. Ho paura, tanta paura, e non c’è nascondiglio possibile o rifugio sicuro. Ho licenziato Iddio e buttato via una donna. La mia patria è come la mia intelligenza: esiste, ma non la conosco. Ho voluto il vuoto. Ho fatto il vuoto. Sono solo e ho freddo e gli altri nudi ridono forte mentre io striscio verso un fuoco che non mi scalda. Guardo avvilito questo deserto di grattacieli e attonito vedo sfilare milioni di esseri di vetro. Come potrò dire a mia madre che ho paura? La vita, il suo motivo, e il cielo e la terra io non posso raggiungerli e toccare… Sono sospeso a un filo che non esiste e vivo la mia morte come un anticipo terribile. Mi è stato concesso di non portare addosso vermi o lezzi o rosari. Ho barattato con una maledizione vecchia ma in buono stato. Fu un errore. Non desto nemmeno più la pietà di una vergine e non posso godere il dolore di chi mi amava. Se urlo chi sono, dalla mia gola escono deformati e trasformati i suoni che vengono sentiti come comuni discorsi. Se scrivo il mio terrore, chi lo legge teme di rivelarsi e fugge per ritornare dopo aver comprato del coraggio. Solo quando scadrà l’affitto di questo corpo idiota avrò un premio. Sarò citato di monito a coloro che credono sia divertente giocare a palla col proprio cervello riuscendo a lanciarlo oltre la riga che qualcuno ha tracciato ai bordi dell’infinito. Come potrò dire a mia madre che ho paura? Insegnami, tu che mi ascolti, un alfabeto diverso da quello della mia vigliaccheria.