ANTIFURTI, conosciamoli meglio | BMWpassion forum e blog

ANTIFURTI, conosciamoli meglio

Discussione in 'Hi-Fi Car, Navigation systems & Car-Theatre BMW' iniziata da smercki, 27 Agosto 2007.

  1. smercki

    smercki Presidente Onorario BMW

    11.496
    802
    9 Giugno 2004
    Reggio Emilia
    Reputazione:
    273.579.399
    G31 Lci 530d
    Articolo preso dal seguente link

    Questo post sugli antifurto delle auto darà un sacco di delusioni. Ho chiesto a un mio amico meccanico, di Napoli, di simulare l’attività di un ladro: ha disattivato gli antifurto con una facilità sconfortante. Altro che antifurto imbattibili, come ce li descrivono i produttori.
    Ci sono tre tipi di antifurto.
    1) Antifurto elettronici
    a) I volumetrici/perimetrici (antifurto a sirena). Un set di sensori (sugli sportelli della vettura, o all’interno) che rilevano la presenza di persone. Ovviamente non distinguono i ladri dagli onesti, dunque si attivano alla minima sollecitazione. Purtroppo, non fanno altro che attivare una sirena come segnalatore acustico. Per il disagio sonoro che causano, non sono ben visti nei centri abitati quando iniziano a trillare di notte. Inoltre, siccome la sirena viene zittita con semplice schiuma da barba schizzata nel vano motore (in pochissimi secondi), hanno scarso valore ai fini della prevenzione del furto.
    b) Gli immobilizer. Sono semplici interruzioni al circuito elettrico, di solito posti sul circuito di accensione. Senza la chiave, il dispositivo interrompe l’alimentazione necessaria alla messa in moto del veicolo. Alcune volte interrompono un circuito in più punti. Ci sono diversi modi per sorpassare uno di questi dispositivi. Primo. Cavettare i fili elettrici e ripristinare il circuito che è stato bypassato tramite l’immobilizer. Questa operazione normalmente prende solo qualche minuto, tanto più se il ladro è esperto e conosce il dispositivo. Secondo. A volte, per evitare gli immobilizer che utilizzano la chiave codificata come accesso alla vettura, vengono usate “centraline vergini”, che consentono l’avviamento della vettura anche senza la chiave codificata, ovvero con una chiave qualsiasi. La centralina è riutilizzabile per più vetture. Terzo. Questo è legato a una direttiva europea di sicurezza per gli immobilizer. La direttiva prevede che qualsiasi immobilizer deve disattivarsi prima che l’auto raggiunga i 35 km/h. Obiettivo: evitare che l’avaria di un circuito elettronico provochi il taglio dell’alimentazione della vettura, quando è in movimento (per esempio a 130 km/h sull’autostrada). Il risvolto per i ladri è che se spingono una vettura in discesa o la trainano minimamente, superati i 35 km/h (non certo un’impresa) la macchina parte non appena si fa fare contatto ai fili del sottoquadro, senza alcuna necessità della chiave codificata. Gli immobilizer (sotto forma di antifurti a chiave elettronica) equipaggiano oggi quasi la totalità delle auto, anche le utilitarie. Ma i ladri continuano rubarle senza alcuna difficoltà. Una riprova: poche Assicurazioni concedono sconti sostanziali a chi installa questi dispositivi. Le Compagnie sono gli enti più “accreditati” per giudicare la bontà di un antifurto: sanno quante macchine vengono rubate e quale dispositivo le equipaggia…
    2) Antifurto satellitari
    Esattamente, non sono antifurto, bensì impianti di localizzazione. Alcuni fra gli ultimi modelli prevedono una funzione di immobilizer comandata a distanza (ovviamente a veicolo fermo). Funzionano in questo modo. Non appena viene rilevata (dai sensori) una situazione di rischio (un tentativo di furto in corso), la centralina satellitare rileva la posizione del veicolo interfacciandosi con il satellite, quindi via Gps. Questa posizione della macchina viene poi trasmessa, affinché siano avviate le operazioni di recupero, via Gsm (con il telefonino, spesso via Sms). E se non c’è segnale? In questo caso, il satellitare è inutile. Ovviamente, una situazione di assenza di campo non può durare in eterno, e presto o tardi l’auto tornerebbe a trasmettere, a meno che non sia provocata. Esistono – accanto alle numerose aree dove l’antenna Gsm va in ricerca rete (non trova segnale) – apparecchi dal costo di circa 600 euro (a 20 euro si trovano su Internet le istruzioni per assemblarli a casa) , denominati “mobile jammers” o “generatori di rumore bianco”, che annullano totalmente il segnale Gsm intorno a loro, nel raggio di circa 30 metri (in tutte le direzioni) o circa 100 metri direzionalmente. Il ladro si avvicina alla vettura con il jammer acceso (con una batteria da 12 volts il dispositivo ha un’autonomia di oltre 12 ore). Entra, quindi la mette in moto. In tutto questo tempo, sebbene i sensori abbiano rilevato il fatto e il satellite sia stato interpellato per le coordinate della vettura, il tentativo di furto non può essere trasmesso né alla centrale né al proprietario perché il segnale Gsm è assente. Il ladro guida la macchina fino al parcheggio “convenzionato” (con lui) più vicino, dove smonta la trasmittente del satellitare e la cestina. La vettura non sarà mai più rintracciata. Conseguenze: la macchina è andata persa.
    Sottoscrivendo molte delle polizze assicurative furto/incendio oggi in commercio legate ai satellitari, si rischia di non ricevere l’indennizzo del furto o di riceverlo solo in minima parte (con scoperto minimo del 20%). Perché? Spesso le Assicurazioni, i migliori giudici dell’efficacia di un antifurto, si sono protette contro l’eventualità che il satellitare non trasmetta per via di una condizione naturale, tipo l’assenza di segnale. Oppure a causa di una volontaria manomissione da parte del cliente per ricevere l’indennizzo di un’auto che si svaluta molto in fretta. Ecco come le Compagnie si tutelano: una clausola della polizza furto/incendio prevede sia data prova documentale del corretto funzionamento dell’apparato satellitare, ovvero che lo stesso trasmetta nel caso di un tentativo di furto o di rapina.
    Oltre ai jammer, esistono altri metodi di schermatura dei satellitari, come le coperture di piombo, l’imballaggio della centralina satellitare nella carta “plastificata”, l’utilizzo di ripetitori di chiamata che tengono continuamente occupato il telefono Gsm facente parte del sistema satellitare (ovviamente in questo caso bisogna conoscerne il numero), e altri ancora. Oggi, acquistare un generatore di rumore bianco è facilissimo ed economico, soprattutto tramite Internet (vedi i siti che escono digitando la parola “jammer” in un qualsiasi motore di ricerca). Oltretutto, l’uso di questi apparecchi è perfettamente legale e non nocivo: vengono impiegati dal settore “difesa” (impediscono che siano detonati ordigni a distanza durante le visite ufficiali di presidenti, re, ministri, ecc.) fino alla “tutela del silenzio” (nelle chiese perché non squillino i cellulari disturbando le cerimonie).
    3) Antifurto meccanici
    Alcuni di questi dispositivi offrono il più alto livello di protezione del veicolo, perché creano un impedimento fisico al furto. Contrariamente agli elettronici e ai satellitari, non richiedono alcuna tecnologia per essere sorpassati, ma "soltanto" abilità manuale. Alcuni di questi, però, richiedono una risorsa che per i ladri è estremamente scarsa: il tempo. Vediamone alcuni.
    a) Blocca pedali, blocca sterzo a forma di mazza da baseball, coperchi metallici che coprono il volante o strumenti simili: tempo di disattivazione di pochi secondi mediante l’uso di opportuni attrezzi di leva (etere liquido e martello).
    b) Perno blocca-sterzo. La canna dello sterzo viene bloccata impedendo l’uso (ovvero la rotazione) del volante. La vettura è resa inguidabile. Sorpassare il dispositivo smantellandolo richiede molto tempo, e i ladri non ne hanno. Il suo punto debole è la serratura, che può essere sempre fatta girare… E poi, ci si può dimenticare di inserirlo. Tra l’altro, alcune società produttrici di veicoli sostengono che la foratura della canna dello sterzo necessaria all’installazione potrebbe produrre un indebolimento della stessa, tale da comprometterne la sicurezza in marcia.
    c) Blocco del sistema idraulico (freni/frizione). Ad antifurto inserito, la valvola ospitata nell’antifurto diviene unidirezionale. Montata sull’impianto idraulico, consente il passaggio del liquido verso il ripetitore della frizione o i pistoncini dei freni, impedendone il reflusso. Il risultato è che la macchina o non ha trazione, oppure è bloccata (in entrambi i casi non si può muovere). Il limite di questi due antifurti è l’obsolescenza del progetto. I dispositivi vengono inseriti/disinseriti tramite una chiave meccanica, e sappiamo che una serratura con un po’ di tempo e le giuste attrezzature può essere forzata. Inoltre, anche quest’antifurto va inserito: bisogna ricordarsene (altrimenti, sono guai ai fini dell’indennizzo assicurativo).
    d) Immobilizer con sirena più blocco del sistema idraulico. Rappresenta un’evoluzione tecnica dei due antifurto di cui sopra, con i quali condivide il principio di funzionamento (il blocco idraulico). Questa volta, però, la valvola che costituisce il cuore del sistema è mossa da un motoriduttore. Il disinserimento avviene per mezzo di una chiave elettronica antiscanner e irriproducibile. L’inserimento avviene addirittura automaticamente, circa un minuto dopo lo spegnimento del quadro (non bisogna cioè ricordarsene, neanche ai fini assicurativi). Quest’antifurto unisce l’efficacia meccanica nella protezione del veicolo alla semplicità di funzionamento degli antifurto elettronici. Inoltre, risponde a una serie di procedure di sicurezza, tra cui la non inseribilità del dispositivo a motore/quadro acceso e la funzione di ricircolo per liberare il circuito da un’eventuale pressione accumulatasi (per non rovinare le guarnizioni del circuito stesso).
    E chi monta più antifurto contemporaneamente? A parte la spesa che deve sopportare, non si illuda. Ho preso i tempi del mio amico meccanico napoletano all’opera. Per scassinare una porta e disattivare un antifurto elettronico; estrarre il blocco di avviamento e rompere il bloccasterzo; disattivare un dispositivo meccanico aggiuntivo; schermare l’antifurto satellitare, occorrono circa quattro minuti.
    Soltanto se c’è un bloccasterzo supplementare o, meglio ancora, un blocco del sistema idraulico, occorre molto più tempo. A meno che il ladro non disponga di un carro attrezzi che porta via l’auto. Ma il costo è di 60.000 euro: si tratta di furti su commissione, davvero pochissimi rispetto alla totalità e solitamente limitati a vetture di altissimo valore e prestigio. Poi il ladro li disattiva con calma, lavorando dall’esterno dell’auto.
    Un piccolo suggerimento finale. Il vero “guardiano” del nostro veicolo sono le Assicurazioni: meglio scegliere sempre un antifurto legato a una polizza chiara e senza clausole sfavorevoli.
     
  2. smercki

    smercki Presidente Onorario BMW

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    ALTRO ARTICOLO INTERESSANTE IN MATERIA:

    Una rassegna dei principali modelli,
    sia meccanici che elettronici
    e i metodi usati dai ladri per aggirarli

    Il contrabbando di automobili rubate

    Nel 2004, in Italia, è stata rubata un’autovettura ogni sei minuti e i dati che si riferiscono al primo semestre di quest’anno, non lasciano sperare in un miglioramento della situazione.
    La maggior parte di queste automobili vanno a rifornire il florido mercato clandestino delle parti di ricambio, come ha dimostrato il sequestro effettuato dalla Squadra Mobile in un capannone dove erano immagazzinate, ed ordinatamente catalogate, parti di ricambio rubate per un valore di oltre un 500.000 euro.
    Un numero minore di automobili, le più nuove o i modelli più prestigiosi, varcano i confini della nostra penisola per essere rivendute nei paesi arabi o nelle nazioni dell’est europeo, non prima di essere state sottoposte ad un accurato “remake” dei numeri di matricola e dei documenti di circolazione.
    L’abilità dei falsari in questo campo è tale che soltanto un occhio molto esperto riesce ad avere qualche sospetto.
    Recentemente i reparti della Polizia Stradale sono stati forniti di uno speciale kit di reagenti chimici i quali, versati sulla parte della carrozzeria che riporta il numero di matricola del telaio, riescono ad evidenziare eventuali tracce di contraffazione.
    Dobbiamo però considerare che quando una vettura così “truccata” ha superato i confini Italici per essere venduta in certi paesi in via di sviluppo, a quei pochi che possono permettersene l’acquisto, la speranza che le polizie locali, spesso equipaggiate in maniera decisamente spartana, siano in grado, durante un controllo, di accorgersi che qualcosa non va nella punzonatura dei numeri di matricola, è abbastanza remota.
    In un paese dell’est europeo molto vicino all’Italia, fino a qualche anno fa c’era una forte richiesta di automobili, soprattutto con motore diesel, a fronte di un’offerta del tutto insufficiente.
    Molti commercianti pugliesi acquistavano in Italia vetture diesel usate che, qui da noi, a causa della pesante pressione fiscale applicata o delle normative antinquinamento, non avendo più mercato, avevano una quotazione economica estremamente bassa.
    Dopo averle sommariamente revisionate le esportavano, con procedure doganali regolari, in Albania o in altri paesi dell’est europeo, dove era facile rivenderle con un lauto margine di guadagno.
    Queste vetture Italiane, tutte di grossa cilindrata, rappresentavano in tali paesi lo “status simbol” di una nazione vicina che, vista nei nostri programmi televisivi che in talune nazioni sono perfettamente ricevibili, era ricca, prosperosa e consumista.
    Ovviamente anche la malavita locale, fiutando l’affare, si era messa nel ramo di tali esportazioni, con la differenza che le automobili venivano spedite senza il consenso dei legittimi proprietari.
    La Polizia Italiana, infatti, poneva la massima attenzione nel controllare le vetture imbarcate sui traghetti in partenza dai porti dell’Italia meridionale ma, quasi sempre, gli automezzi venivano spediti poche ore dopo il furto, ancora il proprietario non aveva ancora potuto fare la denuncia alle autorità.
    Una volta giunte a destinazione, la collaborazione con le organizzazioni criminali ed un vasto giro di corruzione degli organi di controllo facilitavano la “legalizzazione” dell’automobile esportata.

    La contraffazione dei numeri di matricola

    Un metodo usato per “taroccare” le autovetture, così si dice, nel gergo della malavita, per indicare questo tipo di contraffazione, consiste semplicemente nel sostituire in toto le parti di carrozzeria dove sono punzonati i numeri di matricola, usando quelle di un’altra, ovviamente della stessa marca e modello, che sia rimasta coinvolta in un incidente stradale di tale entità da averne causato la semidistruzione.
    Gente senza scrupoli si offrirà di acquistare il relitto ad un prezzo stracciato, per ricavarne la parte di carrozzeria di cui sopra che verrà poi “trapiantata” su una vettura rubata, questa volta su commissione.
    Naturalmente questa operazione ha dei costi decisamente elevati, essendo necessario estrarre completamente il motore dal cofano per effettuare i tagli e le saldature necessarie e per riverniciare le parti con la tinta originale, per questo le automobili “interessanti” dal punto di vista dei contraffattori, sono solamente quelle di fascia alta, con un valore che si aggira, e a volte supera, i cinquantamila euro.
    Alcune fabbriche automobilistiche cercano di contrastare l’opera dei “taroccatori” inserendo i numeri di matricola in più punti fra cui, ad esempio, i montanti della carrozzeria che fungono da supporto motore.
    Sostituire queste parti è impresa quasi impossibile, pertanto in questi punti è giocoforza la ribattitura dei numeri con risultati che, per quanto perfetti, sono comunque individuabili.
    Gli agenti della Polstrada seguono appositi corsi interni per conoscere tutti i trucchi dei trafficanti d’auto rubate e spesso basta un disallineamento micrometrico dei numeri di matricola per metterli in sospetto ed indurli a spedire la vettura presso uno dei centri specialistici della Polizia dove, sotto il controllo di strumenti sofisticati ed occhi espertissimi, nessuna contraffazione supera l’esame.
    Purtroppo la disinvoltura di alcuni commercianti disonesti, ha consentito la vendita di autovetture rubate cui erano state applicate le targhe e le matricole falsificate di altre vetture regolari, con il risultato che vi sono in circolazione due vetture diverse ma con targhe identiche.
    Questo spiega come siano giunte delle contravvenzioni a cittadini ignari, a seguito di infrazioni commesse magari in città diverse da quella di residenza abituale e delle quali l’interessato non sapeva nulla.
     
  3. smercki

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    Le assicurazioni contro il furto: un punto dolente
    Una buona polizza assicurativa ci metterà nelle condizioni, nel malaugurato caso avessimo subito il furto della nostra vettura, di essere risarciti, almeno parzialmente.
    Le compagnie assicurative, infatti, al momento di erogare il risarcimento all’assicurato, decurtano, oltre al valore dell’i.v.a. una percentuale in base alla vetustà dell’automobile.
    Alcune polizze, inoltre, prevedono una franchigia che, in caso di furto anche parziale, verrà automaticamente detratta dal risarcimento.
    Per alcuni modelli di vetture che, in base alle statistiche elaborate dalle assicurazioni, sono particolarmente prese di mira dai ladri, tale franchigia è spesso obbligatoria e di importo tutt’altro che modesto.
    Tassa di possesso, spese per l’intestazione o il passaggio di proprietà, denari spesi per la manutenzione meccanica o di carrozzeria, eventuali effetti personali, magari di valore notevole, lasciati a bordo della nostra automobile, tutto questo non verrà riconosciuto dalla nostra assicurazione ed andrà perduto.
    Se a tutto questo aggiungiamo che per la liquidazione della somma risarcitoria occorre presentare alla propria compagnia assicurativa il “certificato di chiusa inchiesta” che i tribunali rilasciano non prima di alcuni mesi dalla denuncia del furto, dobbiamo concludere che è assai meglio prendere le precauzioni necessarie per evitare di essere vittime dei ladri d’auto prevenendo così, fra l’altro, il disagio conseguente all’improvvisa scomparsa della macchina, soprattutto per coloro i quali la usano per ragioni di lavoro.
    Fra l’altro, molte compagnie iniziano a praticare degli sconti, sia pure modesti, sul premio assicurativo contro il furto, a quegli automobilisti che abbiano fatto installare uno o più dispositivi antifurto alla propria vettura, soprattutto se del tipo “satellitare”, del quale parlerò più avanti.
    Ma veniamo ora al punto centrale del discorso, esaminando i principali mezzi di difesa a nostra disposizione: i sistemi antifurto meccanici e quelli elettronici, non dimenticando di considerare i metodi con i quali i ladri d’auto riescono ad aggirarli, a volte con incredibile facilità e rapidità.
     
  4. smercki

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    Gli antifurto elettronici
    Questi dispositivi sono costituiti da una centralina, che spesso incorpora anche la sirena elettronica, a volte dotati di accumulatore autonomo, allo scopo di prevenire un eventuale distacco della batteria della macchina.
    Certo, il fatto che l’avvisatore acustico sia incorporato alla centralina, non contribuisce sicuramente all’inattaccabilità del dispositivo.
    Infatti, nel 90% dei casi, questi antifurto vengono installati nel vano motore ed in tal modo un eventuale ladro non avrà troppe difficoltà, una volta aperto il cofano, ad assestare un deciso colpo di martello sulla centralina, zittendola senza complimenti.
    Naturalmente questa azione non ripristina il collegamento del sistema di accensione della macchina, anch’esso controllato dall’antifurto.
    Purtroppo però tale collegamento non rappresenta un ostacolo insormontabile per un ladro d’auto esperto, infatti, gli installatori di antifurto effettuano questa parte del cablaggio senza troppa fantasia, né d’altronde ci sarebbe margine per troppe variazioni sul tema.
    I sistemi di accensione, o di iniezione elettronica, sono tutti molto simili fra loro, come potete vedere dallo schema che segue per cui è fin troppo facile effettuare un ponticello di filo elettrico e far avviare in tal modo la macchina.
    In molti schemi di antifurto si può notare il suggerimento di tagliare il collegamento elettrico fra la chiave di avviamento e la bobina di accensione, sottoponendola al controllo dell’antifurto. Anche se nelle auto moderne è preferibile interrompere l’alimentazione alla centralina di iniezione, il problema di fondo rimane: basta inserire un filo elettrico di bypass per avviare il motore. Nello stesso schema, infatti, si suggerisce di sottoporre al controllo dell’antifurto anche la pompa elettrica del carburante o di inserire lungo la tubazione del carburante un’elettrovalvola, ottenendo una maggiore sicurezza.
    Una valida soluzione è far installare un’elettrovalvola a solenoide lungo la tubazione di alimentazione del carburante, naturalmente posta in posizione poco accessibile, o un relè di blocco della pompa carburante, comandati dalla stessa centralina antifurto.
    Nessun elettrauto provvederà mai all’installazione di un simile dispositivo “sua sponte”, a causa del tempo che tale lavoro farebbe perdere, per cui l’unica soluzione rimane quella di chiedergli espressamente di eseguirlo, diciamo così “extra”, contrattando l’onere pecuniario aggiuntivo.
    Attenzione poi a quegli antifurto elettronici, ormai estremamente diffusi, dotati di un radiocomando per l’inserimento, che funge anche da portachiavi!
    Sono dispositivi estremamente pratici giacché permettono, sulle vetture dotate di sistemi apriporte automatici, di inserire l’allarme e di chiudere la vettura con la semplice pressione di un tasto.
    Purtroppo i vecchi modelli e quelli più economici o di marche sconosciute, possiedono un sistema di codifica del trasmettitore che è possibile aggirare tramite appositi decodificatori reperibili nel giro della malavita.
    A questo punto voglio descrivervi, molto dettagliatamente, la tecnica usata dai ladri d’auto per clonare un telecomando, compresi quelli per apricancello, anche dell’ultima generazione.
    Non troverete nulla del genere su nessun altro sito web; quello che leggerete di seguito è qualcosa di assolutamente inedito.
    Tuttavia, benché le informazioni che fornisco siano sostanzialmente esatte e particolareggiate, non aggiungo indicazioni sulla reperibilità dei dispositivi descritti, onde prevenirne usi illeciti.
    Scopo di queste monografie è, infatti, mettere le persone nella condizione di difendersi efficacemente dai furti, attraverso la conoscenza delle tecniche usate dalla malavita e non un invito o un incoraggiamento a mettere in pratica quanto descritto.

    Come clonare un telecomando
    La quasi totalità degli attuali radiocomandi, in accordo con le Normative Europee EN 300 200 ed ETS 300 683, funziona su frequenze ben determinate e note. Devono, infatti, essere dotati di certificato di omologazione secondo la direttiva 99/5/CE. Le frequenze stabilite dal Ministero delle Comunicazioni per impianti di allarme e per i radiocomandi relativi vanno da 433.050 a 433.790 MHz.
    Inoltre, nel quadro nazionale della riorganizzazione delle trasmissioni via radio il legislatore ha già individuato una nuova banda di frequenza a 868 MHz che già viene utilizzata nei nuovi prodotti.
    Qualsiasi trasmettitore che non utilizzi le frequenze indicate dal piano nazionale di ripartizione delle frequenze per applicazione di sistemi radio d'allarme senza filo è fuori legge, anche se possiamo trovare in funzione alcuni vecchi modelli sui 30.155 MHz
    Non svelo pertanto nessun segreto indicando le frequenze di cui sopra. Chiunque può prenderne visione sulla Gazzetta Ufficiale.
    Questo risolve il primo problema per chi volesse clonare un telecomando; la ricerca della frequenza giusta. Rimane da scoprire il codice. Come fare?

    Il dispositivo riprodotto è un decodificatore, completo di modulo ricevente ibrido AUREL a 433 MHz. E’ dotato di quattro canali indipendenti funzionanti in modo impulsivo o bistabile. Un apposito microprocessore, autoapprende i codici del telecomando nel momento in cui l’ignaro automobilista preso di mira chiude la propria auto. Ovviamente l’apparecchio, e il birbaccione che lo manovra, devono trovarsi nel raggio di una decina di metri, per esempio in una macchina parcheggiata nei pressi. In questo modo i codici vengono registrati in una memoria EEPROM. Il dispositivo è perfettamente in grado di decodificare i treni di impulsi generati dai codificatori della serie MM53200, UM3750, UM86409, ecc. ossia praticamente tutti i sistemi di codifica in commercio. A questo punto non resta che trasferire i codici ad un trasmettitore a due o quattro canali come quello visibile nella foto seguente:
    NOTA: la procedura di trasferimento dei suddetti codici, non è descritta nemmeno nei “data sheets” dell’azienda che assembla i dispositivi di cui sopra, tuttavia è possibile mediante una procedura tanto semplice quanto geniale. Mi sono rotto la testa per giorni cercando di intuirla, l’avevo sotto gli occhi e non la vedevo!

    Il dispositivo riprodotto trasmette con 1 watt di potenza, in modo da saturare il ricevitore posto nell’antifurto della vettura impegnandolo anche se la frequenza di trasmissione non fosse assolutamente precisa. Tanto per dare un’idea di cosa significhi 1 watt irradiato a due/tre metri di distanza, sappiate che i comuni trasmettitori per radiocomando antifurto hanno potenze da cento a mille volte inferiori.
    In tal modo non solo viene disattivato l’antifurto, ma vengono anche aperte le portiere, cosicché il ladro può agire sul bloccasterzo, forzandolo, per poi collegare opportunamente i fili posti sotto al quadro ed avviare il motore.
    I dispositivi elettronici appena descritti, il cui costo si aggira sul centinaio di euro, sono tranquillamente reperibili in Italia, così come quelli che seguono, nel catalogo di una nota azienda che li assembla per ben altri scopi.
    Ovviamente, per ragioni di sicurezza, ne tacerò il nome.

    Una clonazione facile facile
    E’ possibile clonare il vostro telecomando anche in modo estremamente semplice e, per così dire, alla portata di tutti, senza ricorrere ai sofisticati dispositivi appena descritti, purché ricorrano certe condizioni. Seguitemi: Basta procurarsi un telecomando con autoapprendimento simile quello della foto seguente, spendendo meno di trenta euro. Ne esistono di varie marche e modelli, tutti sostanzialmente equivalenti.

    Poi si prende il vostro telecomando (quello che lasciate abitualmente nel primo cassetto della scrivania, in ufficio o sul tavolo in negozio) si avvicina al dispositivo di cui sopra e, semplicemente, si copia il codice, frequenza compresa, in una manciata di secondi.
    Troppo banale? Neanche immaginate quante automobili sono state rubate in modo così stupido, sfruttando la distrazione del proprietario. Ma questo non è il vostro caso… ora che sapete come difendervi.

    I nuovi modelli “Roller Code”
    Per contrastare la scannerizzazione dei codici, ormai da alcuni anni sono in commercio modelli di antifurto per auto più sofisticati (e purtroppo anche più costosi), progettati in modo da usare più di un codice in sequenza, su due frequenze distinte o, meglio ancora, generando un codice diverso ogni volta che viene usato il relativo telecomando.
    In tal modo il codice di chiusura delle portiere e di attivazione dell’antifurto sarà diverso da quello successivo di apertura ed ancora differente da quello generato la prossima volta.
    Ovviamente il ricevitore di questi dispositivi è progettato in modo da prevedere l’evolversi dei codici trasmessi, secondo una logica predeterminata da un apposito algoritmo.
    Il sistema sembrava inviolabile finché, all’inizio del 2005, quindi recentemente, qualche genietto malvagio ha trovato il modo di utilizzare un decodificatore commerciale, adattandolo per i propri scopi. L’apparecchio in questione è un completo decodificatore per radiocomandi a rolling-code basati sull’algoritmo di codifica KeeLoq Microchip. Quasi tutti usano questo algoritmo in virtù della sua stabilità e sicurezza.
    Sulla scheda in vetronite è implementato un microprocessore PIC12C509 funzionante come decoder e programmato con un opportuno software. Una memoria EEPROM 24C08 (1Kx8 bit) si occupa di registrare i codici fissi (parte di 28 bit) appresi di volta in volta dai singoli radiocomandi da clonare. Il dispositivo deve essere abbinato a ibridi riceventi Aurel sulla frequenza opportuna.
    Vediamo il connettore Cannon per l’interfacciamento, tramite porta seriale RS232-C, con un computer. Sullo schermo del PC verrà visualizzata l’impostazione dei bit di codifica e quindi il codice dei trasmettitori standard basati sull’integrato MM53200 della National Semiconductors e MC1450xx Motorola operanti a 433,92 MHz. Il tutto gira sotto un semplice programma in QBasic fornito su dischetto insieme al dispositivo.
    (Nel caso dei nuovi dispositivi, funzionanti a 868 MHz, basta cambiare l’ibrido ricevente Aurel inserendone uno della frequenza opportuna).
    Quando l’ignaro automobilista inserisce l’antifurto con il suo telecomando, il malandrino, parcheggiato a pochi metri di distanza, registrerà il codice variabile.
    A questo punto interfaccerà il dispositivo con un radiocomando a rolling-code, trasferendo i codici “et voilà”. La prossima apertura delle portiere e disattivazione dell’antifurto avverrà col nuovo codice appositamente generato. All’insaputa del proprietario che tornerà a casa con i mezzi pubblici!
    Certo, rimane il problema della chiave di avviamento che contiene il codice dell’immobilizzatore. Ma, come dice il saggio: fuorché alla morte, a tutto c’è rimedio!
    Ne parliamo più avanti…
    Apro ora una parentesi che darà un’ulteriore colpo alla vostra tranquillità: ho scritto più sopra che il ricevitore usato per clonare i codici deve trovarsi ad una decina di metri dal vostro telecomando nel momento in cui aprite le portiere. In effetti, l’antenna ricevente del dispositivo è costituita, in genere, da un semplice pezzo di filo elettrico lungo una decina di centimetri. Un sistema non certo efficiente!
    Mi chiedevo come sarebbero andate le cose collegando un’antenna migliore, per esempio quella dell’autoradio.
    A prove fatte, la distanza di rilevazione dei codici è aumentata solo di pochi metri.
    Allora ho usato un’antenna direttiva Yagi ad alto guadagno, di quelle usate dai radioamatori per la gamma dei 70 cm. simili a quelle della TV per il secondo canale, ma più piccole, e l’ho collegata al ricevitore con un opportuno adattatore di impedenza autocostruito.
    Poi, dal terrazzo di casa, ho puntato la mia macchina parcheggiata ad una cinquantina di metri di distanza clonandone il telecomando nel momento in cui mia moglie apriva le portiere. Lo stesso ho fatto con l’apricancello dei box condominiali. Solo che ero a non meno di cento metri di distanza! Non male, considerando che era il primo tentativo dell’apprendista stregone!
    Dall’alto avrei potuto clonare gli antifurto di tutte le macchine che venivano parcheggiate nei dintorni ed aprirle senza neanche avvicinarmi!
    Spaventati? ne avete tutte le ragioni! forse sarebbe meglio comandare questi dispositivi di sicurezza con una chiave elettronica posta nell’abitacolo. Meno pratica, certo, ma anche meno clonabile.
     
  5. smercki

    smercki Presidente Onorario BMW

    11.496
    802
    9 Giugno 2004
    Reggio Emilia
    Reputazione:
    273.579.399
    G31 Lci 530d
    CONTINUA:
    La sirena: una difesa poco efficace
    Torniamo ad esaminare ancora il circuito tramite il quale gli antifurto bloccano l’avviamento del motore. Non molto è cambiato rispetto ai modelli precedenti anche se, ad onor del vero, molti schemi elettrici di montaggio consigliano di collegarsi contemporaneamente a diversi punti dell’impianto di accensione come, per esempio, la centralina dell’iniezione elettronica, la pompa elettrica del carburante eccetera, onde raggiungere una maggiore sicurezza antiladro. (Si osservi nuovamente lo schema pubblicato più sopra).
    Anche nel caso degli antifurto, più recenti, rimane validissimo il consiglio che ho dato poc’anzi circa l’installazione dell’elettrovalvola sul condotto del carburante, un dispositivo poco costoso e di difficilissima neutralizzazione.
    A questo punto è opportuna un’altra considerazione: gli antifurto installati sulle auto sono ormai numerosissimi e, proporzionalmente, sono numerosi i falsi allarmi, in parte dovuti ad una taratura frettolosa dei sensori di urto.
    Ne deriva che nelle nostre città è tutta una sinfonia di sirene e, conseguentemente, è andata perduta la loro funzione principale: allertare qualcuno, assumendo invece quella di disturbo della quiete pubblica.
    In conseguenza di ciò, parecchi comuni si stanno orientando verso la proibizione dell’uso di tali segnali acustici, sanzionando pesantemente i trasgressori.
    Il sindaco di Torino, tanto per fare un esempio, ha emesso, anni fa, un’ordinanza che impone di disattivare il funzionamento delle sirene di allarme delle autovetture fra le ore 22.00 e le 06.00 del mattino, pena una multa salata.
    In conclusione, un dispositivo che si limiti ad evitare il furto totale dell’auto bloccandone i circuiti di avviamento in modo abbastanza sofisticato, è già una buona soluzione, a mio parere.
    Infatti, il vero e solo sistema antifurto per la nostra autoradio, così come per altri oggetti di valore, consiste semplicemente nel non lasciarli nella macchina, anche in considerazione del fatto che ormai tutti i modelli sono dotati di frontalino estraibile e, pertanto, assai pratici da portare con sé.
    Un ladro, dopo aver rotto il cristallo laterale di un’autovettura, può smontare un’autoradio lasciata imprudentemente inserita, in un minuto o poco più.
    Anche meno occorre per guardare sotto i sedili, luogo nel quale taluni, ritenendo di aver avuto un’idea incomparabilmente originale, nascondono il frontalino.
    In una così breve manciata di secondi è utopico pensare di acciuffare il ladro, ma neanche affacciarsi alla finestra dopo essere stati allertati dal suono della sirena, ammesso di poter riconoscere l’allarme della nostra macchina fra tutti gli altri.
    Se a questo aggiungiamo che, a causa della scarsità di parcheggi, problema endemico delle grandi città, potremmo aver posteggiato l’auto a notevole distanza dalla nostra casa o posto di lavoro, si capisce come l’ululato del nostro allarme sia solo un disturbo dell’altrui pace e non un deterrente contro il furto.
    Comunque, se proprio non volete rinunciare alla classica sirena, vi consiglio di affiancarla ad un minitrasmettitore, in grado di lanciare un radiosegnale ricevibile nel raggio di un paio di chilometri, tramite un dispositivo simile per forma e dimensioni, ad un cercapersone.
    Un’insistente “bip-bip” proveniente dal ricevitorino ci avviserà del tentativo di furto in atto, cosicché potremo intervenire per controllare cosa è accaduto ed eventualmente disattivare l’allarme, salvaguardando anche i timpani dei vicini.
    Il costo di questo accessorio non è affatto elevato, superando di poco i settanta euro, tuttavia, a suo svantaggio, comporta l’installazione di un’antenna trasmittente non piccolissima se si vuole raggiungere la portata ottimale del segnale radio.

    Un sistema usato per disattivare gli antifurto

    A questo punto voglio farvi conoscere uno degli ultimi sistemi adottati dai ladri d’auto per disattivare le sirene degli antifurto; spiace ammetterlo ma è un’idea semplice e geniale: prima di attaccare la vettura il ladro smonta una delle frecce laterali, quelle che lampeggiano contemporaneamente al suono della sirena. Poi ne mette in cortocircuito i fili e forza lo sportello della macchina. L’allarme entra in funzione ma, appena fornisce tensione alle frecce, va in cortocircuito con conseguente bruciatura dei suoi fusibili. La sirena non inizia nemmeno a suonare; a questo punto basta ripristinare il circuito antiavviamento, come abbiamo visto più sopra, per andarsene con la vostra automobile.
    La difesa, fortunatamente, c’è e nemmeno troppo costosa: basta far installare due fusibili di basso amperaggio in serie al morsetto dell’antifurto per il comando delle frecce. In caso di tentativo di furto con il metodo suddescritto, allo scatto dell’allarme salteranno i fusibili delle frecce mentre la sirena potrà suonare egualmente.

    Un accessorio non consigliabile

    Parliamo ora di un altro accessorio, applicabile ad un antifurto già esistente che, in caso di allarme, agendo su una pompa elettrica, manda in pressione il circuito idraulico dei freni dell’autovettura, bloccandola così inamovibilmente.
    Questo dispositivo è stato ideato per evitare il furto dell’automobile mediante un carro-attrezzi. E’, infatti, con questo mezzo che ladri superattrezzati hanno asportato automobili di alto valore, in barba agli antifurto installati.
    A prima vista il bloccaggio dei freni può sembrare l’uovo di Colombo, tuttavia non mi sento di consigliare l’adozione di questo accessorio: non dimentichiamo, infatti, che le norme di omologazione delle autovetture non consentono l’installazione di un simile dispositivo quindi, alla prima revisione, che ora ha cadenza biennale, vi verrà imposto di smontarlo.
    Sicuramente questo dispositivo incorpora sistemi di sicurezza che non ne consentono l’attivazione accidentale quando il motore è acceso, ciò nonostante, a conferma di quanto dice la “legge di Murphy”, se c’è una probabilità infinitesima che il malfunzionamento di un dispositivo si possa verificare, questo si verificherà immancabilmente nel momento in cui può causare il maggiore danno possibile!
    Pertanto non posso che sconsigliare decisamente l’installazione di questo dispositivo invitandovi, semmai, ad integrare l’antifurto elettronico con uno di tipo meccanico, come vediamo qui di seguito.

    Gli antifurto meccanici:

    I vari antifurto di tipo meccanico presentano il vantaggio di essere immediatamente visibili, cosa che non sempre avviene con quelli elettronici. In tal modo il loro effetto deterrente evita il forzamento della serratura dello sportello o lo sfondamento di un deflettore o di un cristallo laterale, da parte di un ladro non abbastanza determinato.
    D’altra parte la loro resistenza allo scasso è il più delle volte insufficiente e limitata a pochi minuti; sono quindi adatti a contrastare il tentativo di furto di un balordo occasionale e solo se abbinati ad un antifurto di tipo elettronico che impedisce l’avviamento del motore, possono offrire una sufficiente sicurezza anche contro un ladro capace ed attrezzato.
    Passiamone in rassegna alcuni fra i più diffusi, facendo riferimento, per una migliore comprensione, alle foto allegate che seguono: Iniziamo dalla classica e popolare catena, e relativo lucchetto, applicata fra il volante ed il telaio dei sedili della vettura.
    Questo semplice sistema funziona allo stesso modo dell’”ombrello” ossia quell’asta di acciaio dotata di serratura di sicurezza che si applica fra la pedaliera ed il volante e che, collegandoli strettamente, impedisce non solo di sterzare, ma anche di abbassare la frizione.
    Peccato che il punto debole del sistema sia proprio il volante della macchina!
    Infatti nessun furfante penserebbe mai di segare la catena od il lucchetto, poiché avremo avuto cura di acquistarne un modello di adeguata resistenza, né tantomeno proverà a tagliare l’”ombrello”, che è costituito da un grosso tondino di acciaio temperato.
    Il volante invece, a dispetto della sua sezione, contiene soltanto un tondino di acciaio di modesto spessore, pertanto un ladro potrà tagliarlo con un comune seghetto per metalli nel giro di meno di un minuto. Poi farà uscire la catena o l’ombrello, superando così l’ostacolo.
    Con la stessa tecnica si può eliminare quella lunga asta d’acciaio che si mette di traverso al volante, bloccandola con l’apposita serratura di cui è dotata, ed il cui scopo è di rendere impossibile girare lo sterzo poiché interferisce con le gambe del pilota o con il parabrezza.

    Nella foto a sinistra, la classica catena al volante, eliminabile con il metodo descritto nell’articolo. A destra un’asta bloccavolante. Anche per quest’ultimo antifurto vale quanto detto per la catena.

    Ovviamente, una volta segato il volante in uno o due punti, non sarà molto agevole guidare la macchina ma, una volta che il ladro si sarà allontanato di qualche chilometro, messosi al sicuro, potrà eventualmente sostituire il volante con un’altro che avrà avuto cura di portare con sé. Questa operazione è abbastanza rapida poiché quasi tutti i volanti delle autovetture sono tenuti al loro posto da un solo grande bullone.
    Un’altro sistema antifurto è costituito dal comune “bloccapedali”, un dispositivo costruito da vari fabbricanti, spesso artigianalmente. Somiglia, grosso modo, ad una morsa che, applicata fra il pedale del freno e quello della frizione, ne impedisce l’uso.
    Essendo costituito da barre di acciaio decisamente massicce, non è pensabile tagliarlo con un seghetto né tantomeno è attaccabile il relativo lucchetto, a causa del poco spazio disponibile ed anche per il fatto che la sua posizione, sotto al cruscotto e fra i pedali, è assolutamente disagevole.

    Da questo punto di vista sembra decisamente un dispositivo sicuro, peccato però che qualche ladro riesca a rubare l’auto cambiando le marce “ad orecchio”, cioè portando il motore ad un preciso numero di giri e frenando con il freno a mano. Certamente una manovra riservata a chi è veramente un esperto pilota e, comunque, per brevi tratti di strada.
    Rimanendo ancora all’interno dell’abitacolo, un altro dispositivo antifurto è costituito dal “bloccacambio”. Si tratta di una barra di acciaio che, inserita sulla leva del cambio, la collega con il freno a mano.

    Una volta chiusa la serratura, della quale il “bloccacambio” è, ovviamente, dotato, non è più possibile inserire le marce né togliere il freno di stazionamento.
    Come al solito, se osservate la foto relativa a questo dispositivo, il suo funzionamento sarà subito chiaro.
    Attenzione però, la sezione del metallo che costituisce questo dispositivo è, a mio parere, troppo modesta per renderlo inattaccabile. Quindi costituisce un deterrente per il balordo di passaggio, non per un ladro attrezzato e determinato.
    Esiste poi un’altro modello di “bloccacambio”, assai più sofisticato e sicuro di quello appena descritto ma, contrariamente al precedente che è facilmente adattabile a tutte le autovetture ad eccezione di quelle dotate di cambio automatico, bisogna chiederne la versione specifica per la propria automobile.
    Inoltre deve essere montato al di sotto del tunnel che, all’interno della vettura, funge da supporto alla leva del cambio. Deve quindi necessariamente essere installato da un meccanico. L’unica parte visibile del dispositivo sarà il blocchetto della serratura con la quale s’inserisce.

    Se proprio vogliamo evidenziare un suo difetto, oltre al costo elevato, diciamo che, qualora si venda l’automobile, non potrà più essere smontato e quindi dovrà essere ceduto al nuovo proprietario.
    In compenso la sua sicurezza è veramente elevata, essendo necessario smontare tutto il tunnel interno della macchina per raggiungerlo e, comunque, l’acciaio di cui è costituito, unitamente al suo spessore, lo rendono praticamente inattaccabile.
    Un’altro vantaggio dei due antifurto bloccacambio appena descritti, consiste nel fatto che si può attivarli lasciando inserita la retromarcia. Sfido qualunque ladro d’auto, per quanto abile pilota, a rubare una vettura così protetta ed a fuggire a marcia indietro!
    Vi sarà capitato di vedere delle automobili parcheggiate con applicata, ai bulloni di fissaggio di una ruota, una robusta asta d’acciaio della lunghezza di circa un metro.
    Applicando questo dispositivo antifurto, tramite un’apposita chiave, ad una delle ruote, si rende impossibile la marcia del veicolo. La robustezza del tubo metallico e la discreta sicurezza della chiave di comando, rendono questo sistema abbastanza affidabile.
    Attenzione però: ho avuto modo di vederne un modello che sporgeva alquanto dal bordo della macchina. Essendo troppo lungo e troppo inclinato verso l’esterno un tale dispositivo costituirebbe un serio pericolo per uno scooter che transitasse molto vicino alla macchina.
    Non dimentichiamo che, qualora ciò causasse un incidente, ne saremmo direttamente responsabili anche sul piano penale. Pertanto, se volessimo orientarci su un dispositivo antifurto di questo tipo, controlliamo che non sporga in modo eccessivo dalla ruota.
     
  6. smercki

    smercki Presidente Onorario BMW

    11.496
    802
    9 Giugno 2004
    Reggio Emilia
    Reputazione:
    273.579.399
    G31 Lci 530d
    CONTINUA:
    Il furto con il “carro attrezzi”
    In conclusione, si potrebbe pensare che, facendo installare sulla propria automobile un valido antifurto elettronico e, stante il loro costo non elevato, un paio di antifurto meccanici, si possa poi dormire fra due guanciali.
    Ciò è vero nel caso la vostra auto non sia più nuovissima e non abbia un valore di mercato troppo alto.
    Nel caso invece di una macchina nuova fiammante, relativamente costosa e di un modello ambito, parcheggiata in strada, avrete ragione di temerne il furto mediante un sistema assai temibile: il carro attrezzi.
    Purtroppo qualche disonesto proprietario di questi mezzi, oltre al lavoro per così dire “normale”, fa un po' di “straordinari”, non disdegnando di trasportare qualche automobile senza che il legittimo proprietario ne sia informato.
    Anche se l’allarme della macchina così prelevata suona a distesa mentre viene rimorchiata, tutti penseranno che si tratta di una vettura rimossa da un divieto di sosta, dove intralciava la circolazione stradale.
    In questi casi non c’è bloccasterzo, bloccapedali od altro che funzioni, un’automobile può essere agganciata e rubata nel giro di due o tre di minuti.

    L’antifurto “satellitare”

    Alcune aziende commercializzano la medicina adatta per simili casi: si tratta dell’antifurto “satellitare”, connubio fra telefono cellulare e sistema per il rilevamento della posizione G.P.S. ossia Global Positioning Sistem.
    Un’autovettura dotata di un simile dispositivo, al momento del furto, anche mediante sollevamento con il carro attrezzi, invia un segnale radio ad un centro di controllo, attraverso il quale può essere determinata la sua posizione, in qualunque parte del pianeta, con un’approssimazione inferiore ai dieci metri. Questo dispositivo, degno di James Bond, aveva un prezzo di acquisto adeguato alle sue caratteristiche, ma ora alcuni produttori lo offrono in comodato d’uso, una soluzione sicuramente conveniente anche se occorre abbonarsi al centro di controllo con un contratto di due o tre anni.
    L’installazione, che necessita di mano d’opera competente, si aggira sui cinquecento euro. Se consideriamo che certi modelli della Mercedes, BMW, Alfa Romeo eccetera, possono costare un bel sacchetto di dobloni, allora è giustificabile la spesa per far installare un dispositivo di tale sofisticazione.
    Anche le compagnie assicuratrici non sono rimaste insensibili all’avanzata tecnologica, offrendo consistenti sconti sulla polizza furto a chi abbia optato per tale dispositivo che, sempre più spesso, viene installato a bordo dei “TIR” che trasportano merci per migliaia di euro con funzioni, oltre che di antifurto, anche di antirapina. E’ successo, infatti, che alcuni autisti di questi bisonti della strada siano stati assaliti, durante una sosta, da malviventi armati che, sotto minaccia, li hanno costretti a scendere e, dopo averli legati ed imbavagliati, si sono dileguati con il pesante mezzo e con il relativo prezioso carico.
    Fin qui le buone notizie, passiamo ora alle cattive: Durante un normale controllo notturno, i Carabinieri hanno fermato un camion con a bordo due noti malfattori. Visti i precedenti dei due, hanno aperto il vano di carico del mezzo trovandovi all’interno una BMW immacolata, caricata a bordo tramite un argano elettrico ed appositi binari d’acciaio.
    Nello stesso momento il centro di controllo dell’antifurto satellitare ha visto riapparire i dati di localizzazione dell’auto che erano improvvisamente spariti.
    Cosa era successo: il vano di carico, in vetroresina, era rivestito, internamente, con una comune rete elettrosaldata per recinzioni, collegata elettricamente alla massa del camion.
    Si trattava, in definitiva, di un dispositivo elettromagnetico noto fin dai tempi in cui Berta filava! La gabbia di Faraday.
    Inventata dall’omonimo fisico e chimico vissuto nel Regno Unito nel secolo scorso, si comporta come un grande schermo che impedisce l’ingresso e l’uscita delle onde radio. Anche di quelle necessarie all’antifurto per autolocalizzarsi usando la rete satellitare GPS e trasmettere l’allarme alla centrale operativa tramite le celle GSM.
    Ovviamente questo è un caso estremo, organizzato da una banda di malfattori super organizzata. La scoperta del supermarket di pezzi di ricambio rubati, di cui ho parlato all’inizio articolo, è stata la diretta conseguenza delle indagini successive all’arresto dei due malviventi di cui sopra.
    Tutto sommato, l’antifurto satellitare offre buone garanzie di sicurezza.
    Di nuovo però, alcuni ladri hanno aggirato il problema dimostrando “creatività” e “spirito d’iniziativa”: entravano nottetempo nelle autorimesse pubbliche e pregavano il custode di fornire le chiavi delle auto più interessanti. Mostrandogli la canna di una pistola onde prevenire antipatici dinieghi.

    Il bloccasterzo di serie: una difesa insufficiente
    Come avrete notato, fra i dispositivi meccanici antifurto, volutamente non ho citato il bloccasterzo in dotazione di serie, proprio perché quest’ultimo non presenta caratteristiche di sicurezza sufficienti. Nella gran parte dei casi viene superato semplicemente mediante un’abile manipolazione della serratura a mezzo di appositi grimaldelli la cui reperibilità è tutt’altro che difficile.
    Molte chiavi di avviamento per automobile, soprattutto le meno costose, sono del tipo a dentelli con soli cinque cilindretti di codifica. Una serratura di tal genere può essere forzata anche da un modesto ladruncolo nel giro di un minuto.
    E’ vero che molte case automobilistiche sono corse ai ripari dotando i loro modelli, soprattutto della fascia più alta, di serrature particolari non manipolabili ma, in questi casi, il ladro smonterà totalmente il bloccasterzo usando un trapano a batterie per far saltare i bulloni “a frattura determinata” che bloccano questo dispositivo di serie. Dopodiché collegherà in maniera opportuna i fili elettrici sotto al cruscotto e prenderà il volo.
    Il box privato o l’autorimessa condominiale: ecco un luogo dove il ladro, contrariamente a quanto comunemente si crede, può lavorare indisturbato, anche per un’oretta, senza il pericolo che una volante della polizia o dei carabinieri di passaggio, possano scoprirlo.
    Infatti, nel caso di un’automobile parcheggiata in strada, il ladro tenta il furto solo se ciò richiede pochi minuti di lavoro. Oltre questo tempo il rischio di essere scoperto diviene eccessivo e conviene tentare con un’altra vettura meno protetta.
     
  7. smercki

    smercki Presidente Onorario BMW

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    Reggio Emilia
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    G31 Lci 530d
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    L’immobilizer
    Un dispositivo introdotto da circa un decennio dalle case automobilistiche, è il cosiddetto “immobilizer”. Si tratta di un circuito elettronico totalmente integrato nella centralina di iniezione del carburante, in grado di riconoscere un codice digitale senza il quale l’accensione della vettura non può avvenire.
    All’interno dell’impugnatura della chiave di avviamento viene inserito un “microchip” contenente il codice in questione. Nel momento in cui la chiave viene inserita nella serratura del bloccasterzo, un’apposita bobina, coassiale con la suddetta serratura, raccoglie per induzione la “parola d’ordine” scritta elettronicamente all’interno dell’impugnatura.
    Fino a poco tempo fa si riteneva impossibile duplicare fraudolentemente la chiave della vettura poiché la semplice riproduzione meccanica della stessa sarebbe sì sufficiente a liberare il bloccasterzo ed a far girare il motorino di avviamento, ma non darebbe il consenso alla centralina di iniezione, con la conseguenza che il carburante non verrebbe polverizzato nei cilindri e la macchina non si metterebbe in moto.
    Per avere una copia “funzionante” della chiave, oltre quelle in dotazione di serie, occorre richiederla alla casa costruttrice dimostrandone il legittimo diritto con la presentazione di un tesserino plastificato simile ad una comune carta di credito, che viene rilasciato al momento dell’acquisto della vettura o, per alcune marche automobilistiche, esibendo il libretto di circolazione intestato al richiedente.
    Rubare un’automobile dotata di immobilizer sembrava possibile solamente con l’ausilio di un carro attrezzi o, in alternativa, procurandosi una centralina di iniezione per quel certo modello di vettura, completa delle chiavi codificate e del bloccasterzo relativo. Quindi procedendo alla sostituzione delle parti, a patto di avere la competenza tecnica, gli attrezzi ed il tempo necessari. Infatti, dopo l’adozione di questo dispositivo, i furti d’auto erano calati drasticamente. (Grazie all’immobilizer, nel ’95 i furti scesero a 277.000, 13.000 meno che nel ’94 Fonte Touring Club Italia). Un altro metodo consiste nel manomettere la centralina con l’attivazione del programma di funzionamento d’emergenza. Si tratta di una procedura software prevista per escludere l’intervento dell’immobilizer in caso di malfunzionamento del trasponder inserito nella chiave di avviamento. (Infatti, nel ’96 ci fu un’impennata: 305.000. I ladri stavano imparando a superare il nuovo dispositivo. Fonte Touring Club Italia).
    A partire dal 1997 però, le case automobilistiche iniziarono ad introdurre immobilizer molto più sofisticati, ponendo molti ladri nelle ambasce: era forse giunto il momento di dedicarsi ad un lavoro onesto? L’angoscioso dilemma è stato superato nei primi mesi del 2004. Come? Ma studiando il modo per clonare i codici dei trasponder nelle chiavi, ovvio! Altrimenti l’università del furto che ci sta a fare? Seguitemi e non finite di stupirvi.

    L’immobilizer, l’ho già detto, è un dispositivo integrato nella centralina di iniezione, in grado di riconoscere il codice posto nella chiave di avviamento. La scheda elettronica visibile qui sopra, reperibile in Italia nel catalogo di una nota azienda che li assembla per ben altri scopi, è dotata di una bobina (l’oggetto circolare posto sulla destra) in grado di generare il campo elettromagnetico necessario per attivare i trasponder delle chiavi.
    Si predispone l’apparecchio alla lettura attraverso un’apposita procedura di programmazione poi, avvicinando una chiave ad una decina di centimetri, se ne copia il codice nella memoria EEPROM incorporata. Il microcontrollore della scheda è programmato per svolgere automaticamente le operazioni necessarie.


    IMMOBILIZER

    Abbiamo riscontrato che gli antifurti
    immobilizer sono alquanto inutili:
    - per avere la tranquilità di operare con
    calma, abbiamo messo in pratica la tecnica
    del trascinamento sottraendo il veicolo del
    test in pochi secondi, rompendo il
    bloccasterzo di serie per poterci allontanare.
    Con calma abbiamo sostituito la centralina
    con un'altra originale acquistata
    come ricambio e siamo riusciti
    a mettere in moto.

    Successivamente si trasferisce il codice in un comune trasponder “Sokymat”, come quello della foto sopra. Basterà avvicinarlo al blocchetto di accensione per ottenere il via libera dalla centralina di iniezione.
    Resta da manipolare la serratura del bloccasterzo, ma questo non è un gran problema per un ladro esperto.
    Qualcuno obietterà che, per avvicinare la chiave originale alla bobina bisogna averla fisicamente in mano, anche se per pochi secondi e voi, che avete letto più sopra il paragrafo “Una clonazione facile facile” sapete che non dovete lasciarla alla portata di nessuno.
    Eppure, i trasponder vengono clonati lo stesso! Mi chiedevo come fosse possibile, così ho fatto un esperimento: innanzitutto ho acquistato i dispositivi necessari (spendendo meno di una cena al ristorante) poi ho verificato la frequenza di risonanza della piccola bobina, 125 KHz. A questo punto ne ho costruita un’altra, quadrata, di venti cm di lato, più grande ma ancora mimetizzabile sotto una giacca. E ho raggiunto una portata di tre-quattro metri! clonando il trasponder della mia macchina posto all’altro capo del tavolo.
    Facciamo ora un’ipotesi: il signor XY va al lavoro con la sua Mercedes nuova fiammante. Mica entra in città, perbacco! troppo traffico, pochi parcheggi, centro storico chiuso ai non residenti ecc. Il signor XY lascia la macchina in un comodo parcheggio di scambio, scende e va a prendere la metro. Non si accorge di quel giovanotto distinto che lo segue. E come potrebbe! Quello mica lo guarda né gli rivolge la parola. Prende solo la metro come lui, VICINO A LUI. Mette una mano in tasca, preme un bottoncino e…torna indietro, al parcheggio di scambio. Poco dopo si avvia a bordo di una Mercedes nuova fiammante. Il signor XY, al contrario, stasera tornerà a casa in autobus. Non prima di essere passato alla locale caserma dell’Arma per denunciare la scomparsa della sua Mercedes.
    Era nuova fiammante.
    Claudio Ballicu
     
  8. smercki

    smercki Presidente Onorario BMW

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    Autofurti
    Nonostante tutto qualcosa si muove
    L'analisi di un esperto investigatore

    di Raffaele Chianca *

    I dati parlano chiaro, i furti dei veicoli nel nostro paese sono in calo costante, dal 1991 ad oggi la flessione netta è del 44,5%, c'è così tanta euforia che qualcuno inizia a preoccuparsi, non è che con l'aria che tira, ed il fenomeno ormai debellato, sopprimono le squadre di polizia giudiziaria della Stradale e ci mandano tutti allo stadio in ordine pubblico.
    Certo che se analizziamo i dati con superficialità ci sarebbe poco da dire, anzi potremmo sfruttare l'occasione per dire quanto siamo stati bravi ed efficienti ma siccome qualche dubbio c'è venuto vorremmo invece cercare di capire perché, nonostante continuiamo da anni a dire che questo particolare fenomeno criminale è sottovalutato o comunque non sufficientemente affrontato, si registra un calo così considerevole e costante.
    Qualcosa sarà pur successo, quali sono le condizioni che hanno determinato tale favorevole situazione, per questo vogliamo fare alcune brevi riflessioni e lo facciamo non solo guardando in casa nostra ma più in generale nei Paesi della Comunità europea, consapevoli che solo così si ha un quadro reale della situazione. Guardando attentamente i dati italiani, non una, come diceva il buon Lubrano, ma almeno due domande nascono spontanee:
    • Quale particolare piano strategico è stato attuato nel nostro Paese per combattere il fenomeno e determinare un calo così consistente
    • Quali strumenti e quante risorse umane sono state utilizzate
    E se ci fosse sfuggito qualcosa:
    • Perché nonostante il costante e considerevole calo dei furti non assistiamo anche percentualmente ad un incremento analogo dei veicoli rinvenuti;
    • Perché il calo riguarda solo alcune categorie di veicoli mentre per alcune la tendenza è opposta e in aumento.
    • Perché il calo riguarda più o meno tutti i paesi della Comunità europea e di buona parte del mondo.
    Già queste poche e semplici considerazioni mi portano a pensare che il calo costante dei furti dei veicoli nel nostro Paese, nonostante l'indiscutibile impegno delle forze di polizia, sia imputabile più a fattori esterni o comunque in parte indipendenti dalle nostre strategie di contrasto sia interne che internazionali.
    In effetti, analizzando gli ultimi dieci anni, iniziative importanti ci sono state e possono essere così sintetizzate:

    Targhe modificate da AW093 PP a AW093 PR

    Retro della targa dove si nota la gamba aggiunta alla P trasformata in R, e "lo studio di fattibilità" sulla P per trasformarla in B

    • 1995
    il Consiglio dell'Unione Europea adotta un'azione comune che prevede di estendere il mandato di Edu ed Europol, anche al traffico illecito di autovetture ed alle operazioni connesse quali il riciclaggio, considerandole di notevole allarme sociale al pari del traffico di droga o del materiale nucleare.
    • 1997
    - nasce in Italia la divisione SIRENE l'ufficio che assicura il collegamento con gli omologhi uffici dei Paesi aderenti all'Accordo di Schengen;
    - veniva riconosciuta alla Polizia Stradale la competenza specifica in materia di traffico illecito di veicoli;
    • 1998
    - viene ridisegnata la nuova struttura organizzativa della Polizia Giudiziaria nella Polizia Stradale;
    - viene istituita la Divisione III^ di Polizia Giudiziaria nell'ambito del Servizio Polizia Stradale.
    • 2001
    - ci allacciamo a Eucaris (European Car and Driving Licence Information System ) è un sistema che dal 1994 interconnette le banche dati di diversi Paesi relative ai veicoli immatricolati e alle patenti di guida e quelle dei veicoli e documenti da ricercare, in modo da consentire la verifica sulla corrispondenza dei dati effettivi al momento della nazionalizzazione dei veicoli e la loro lecita provenienza. In Italia la direzione generale della Motorizzazione Civile è autorizzata ad accedere al C.E.D. interforze.
    - viene distribuito il primo CD di EuVID. La prima edizione è sostanzialmente divisa in due sezioni in una sono riportate le carte di circolazione di 37 stati, nell'altra viene descritto il controllo dei dati di identificazione di 12 marche di autovetture.
    • 2002
    - Europol, allo scopo di contrastare i traffici illeciti d'autovetture immatricolate in uno stato straniero mediante l'utilizzazione di documentazione di circolazione falsificata con stampati rubati in bianco, realizza il BLANCO DOC DATABASE, contenente le serie alfanumeriche dei documenti di circolazione trafugati in bianco trasmessi ufficialmente ad EUROPOL da Belgio, Estonia, Germania, Francia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo e Ungheria.
    - viene distribuito il CD di EuVID in italiano.
    Francamente bisogna dire che si tratta di ottime ed importanti iniziative, che avevano lo scopo principale di:
    1. Organizzare i servizi investigativi e dotarli di uomini e mezzi;-
    2. Coordinare l'azione di contrasto nazionale ed internazionale;-
    3. Dotare le forze di polizia impegnate nel fenomeno di nuovi strumenti didattici e di conoscenza.
    Ma siamo certi che le cose siano andate tutte in quel verso e che quindi siano state queste a determinare l'attuale situazione?
    Se non ci fermiamo alla sola enunciazione dei vari progetti si può dire che le cose non sempre sono andate come avrebbero dovuto, ossia i presupposti per affrontare seriamente il fenomeno c'erano, ma come sempre, in alcuni casi, ci siamo persi per strada, un caso per tutti la circolare del Capo della Polizia datata 12.04.97, che disponeva, tra l'altro, che la Direzione Centrale del personale provvedesse ai necessari potenziamenti dell'organico, da realizzare con precipuo riguardo a sei compartimenti, mentre alla Direzione tecnico logistica era chiesto di curare "l'adeguato incremento delle dotazioni informatiche", invece nulla, così l'intera struttura, nonostante gli sforzi della Divisione III^ di Polizia Giudiziaria del Servizio Polizia Stradale che si fa in quattro, è in perenne emergenza impossibilitata a trattare il fenomeno come si dovrebbe.
    Come se non bastasse mi sembra di registrare un'insufficiente attenzione al fenomeno, se si ha la pazienza e la voglia di dare uno sguardo ai rapporti Interpol ed Eurogol 2002 ne viene fuori un impressione sconfortante, il fenomeno del furto e riciclaggio dei veicoli è liquidato in poche righe, poche le idee e soprattutto le proposte ed iniziative per affrontare il tema furti auto che, nel rapporto Europol addirittura viene definito "problema limitato ma serio".
    In effetti non so a chi è venuto in mente di dare un simile giudizio ma ciò mi preoccupa: Come si può definire limitato un fenomeno di così vaste proporzioni.
    Un altro segnale negativo arriva dal rapporto sullo stato della sicurezza e sul fenomeno della criminalità organizzata in Italia presentato lo scorso 14 agosto dal Ministero dell'Interno.
    Dal rapporto emerge che in Italia interagiscono diversi piani criminali: criminalità diffusa, organizzata e di stampo mafioso; inoltre lo scenario è reso ancora più complesso dalla sempre più forte presenza della criminalità straniera che opera con iniziative autonome integrandosi con i gruppi delinquenziali nazionali. A contendersi il primato tra le organizzazioni criminali internazionali più forti nel nostro Paese sono gli albanesi e maghrebini, ma si consolidano sempre di più anche i gruppi cinesi, nigeriani, russi e colombiani. Ognuno predomina in settori specifici: prostituzione, tratta di esseri umani, traffico di droga e così via.
    Come è facile rilevare, rispetto a quelli che sono indicati come i gruppi più forti non si fa alcun accenno al loro coinvolgimento nel particolare fenomeno criminale del furto e riciclaggio di veicoli, mentre secondo lo stesso rapporto, per quanto riguarda il traffico illecito di veicoli i più agguerriti risulterebbero i rumeni. Sempre secondo lo stesso rapporto questo tipo di criminalità risulta collegata a gruppi criminali operanti a livello internazionale.
    Addirittura nel descrivere il fenomeno dei furti nelle ville si dice: "Diminuisce del 2.8 per cento il fenomeno della rapine in villa, un reato attribuibile per lo più a cittadini stranieri, in prevalenza albanesi. Nel 2002 sono state infatti arrestate per questo tipo di rapine 119 persone di cui 93 cittadini extracomunitari.", senza fare nessun cenno alle decine di autovetture di grossa cilindrata sottratte nel corso di tali furti, vero obbiettivo di molte di queste bande, veicoli che con molta probabilità sono stati piazzati nel mercato dell'Est Europa. Quindi è dato pochissimo spazio al fenomeno che ci interessa, né si ritiene che i gruppi di criminalità straniera più agguerriti siano coinvolti nel fenomeno; francamente non sembra che questo sia lo specchio della realtà, sicuramente anche questo è un segnale di scarsa considerazione del furto di veicoli quale segmento di elevato profilo criminale.
    Forzatura della serratura
    Per quanto riguarda i gruppi italiani, unico altro riferimento è accennato su gli insediamenti 'ndranghetisti piemontesi e lombardi, che orientando la politica criminale mafiosa calabrese nel nord Italia, hanno proiettato i propri interessi anche in questa regione (Valle d'Aosta), ove sono risultati presenti elementi collegati con le cosche Iamonte (Melito Porto Salvo), Nirta (S. Luca), Facchineri (Cittanova), Libri (Reggio Calabria) e Torcasio (Lamezia Terme) attivi, soprattutto, nel narcotraffico, nelle rapine, nelle estorsioni, nelle truffe, nella ricettazione di auto rubate ed in tentativi di infiltrazione nell'economia locale.
    Anche questo mi sembra un po' poco per descrivere un fenomeno come quello in questione o è un caso che le regioni più interessate al fenomeno sono quelle a più alto tasso di infiltrazione mafiosa. E' francamente impensabile che organizzazioni criminali come la camorra siano al di fuori di un business così lucroso, o che non si siano interessate alle 42.958 auto rubare solo sul territorio campano lo scorso anno. Nonostante questa poca considerazione, sembra invece che in Europa, anche a fronte del calo degli ultimi anni, il fenomeno rimanga tutto nella sua drammaticità, ed oggi c'è il rischio, dato gli ottimi risultati e i toni che si leggono nei rapporti ufficiali, che venga ulteriormente sottovalutato.
    Ma vediamo invece cosa realmente succede. Nell'Unione europea si registrano attualmente circa 1,3 milioni di furti di veicoli l'anno, approssimativamente il cinquanta, sessanta per cento dei quali è ritrovato, in sostanza si tratta di circa 400.000 / 500.000 veicoli che scompaiono, oltre a quelli che rimangono in circolazione nei rispettivi stati di origine, gli altri si ritiene siano esportati principalmente nei Paesi dell'est, ma anche nel nord Africa. Francamente tutto questo non sembra un "problema limitato ma serio" ma qualcosa di più. Gli Stati più colpiti sono quelli produttori di veicoli come il Regno Unito, la Germania, la Francia e l'Italia. Non a caso sei Paesi europei sono tra i primi dieci nel mondo.
    1 - L'Australia: 7,12 per 1000 abitanti
    2 - La Danimarca: 6,00 per 1000 abitanti
    3 - Regno Unito: 5,67 per 1000 abitanti
    4 - La Nuova Zelanda: 5,63 per 1000 abitanti
    5 - La Norvegia: 5,16 per 1000 abitanti
    6 - La Francia: 5,05 per 1000 abitanti
    7 - Il Canada: 5,02 per 1000 abitanti
    8 - L'Italia: 4,23 per 1000 abitanti
    9 - Gli Stati Uniti: 4,09 per 1000 abitanti
    10 - L'Irlanda: 3,82 per 1000 abitanti
    Certamente a favorire questo particolare crimine ha contribuito l'abbattimento delle frontiere interne che ha agevolato lo spostamento dei veicoli rubati da uno stato all'altro senza particolari controlli. Un altro fattore favorevole alle organizzazioni criminali è la facilità nei collegamenti, il sistema di infrastrutture europee li ha migliorati sensibilmente. Oggi in poche ore si riescono a coprire tratti di strada che fino a qualche hanno fa richiedevano giorni, si pensi ai collegamenti frequenti e veloci via mare tra Italia e Balcani o nell'attraversamento della Manica o nella facilità di collegamento tra le Repubbliche del Baltico.
     
  9. smercki

    smercki Presidente Onorario BMW

    11.496
    802
    9 Giugno 2004
    Reggio Emilia
    Reputazione:
    273.579.399
    G31 Lci 530d
    Una forzatura nella parte alta dello sportello
    Spesso prima che la vittima si sia accorta del furto del proprio veicolo questo ha gia attraversato più di una nazione europea arrivando magari a destinazione senza alcun controllo e quindi senza alcuna possibilità di rintraccio e recupero. Senza parlare dei collegamenti transcontinentali, ad esempio i veicoli rubati nel Regno Unito che sono stati ritrovati in Pakistan, o di quelli rubati in Giappone riciclati in Inghilterra. A maggio del prossimo anno cadranno altre 10 frontiere (Polonia, Rep. Ceca, Slovacchia, Ungheria, Slovenia, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta e Cipro), di cui ben 8 nell'est. La domanda è legittima, si apriranno nuovi e lucrosi mercati, si pensi ai tre stati del baltico (Estonia, Lettonia, Lituania) ove la richiesta di auto di lusso è notevole e dove già operano organizzazioni criminali collegate con l'Italia, l'abbattimento di quelle frontiere non ci deve preoccupare? Esistono e quali sono le strategie di contrasto a questi nuovi scenari?
    I gruppi malavitosi italiani sapranno approfittare velocemente di questa nuova opportunità, sicuramente aumenteranno i loro collegamenti con i nuovi gruppi criminali del continente dalla Russia, l'Estonia e la Polonia. Gia ora arrivano segnali inquietanti sulla mafia russa ed ucraina la quale sembra orientata su questo particolare fenomeno criminale. E noi cosa stiamo facendo?
    Già ora, nonostante i controlli di frontiera organizzazioni malavitose sono dedite a traffici di veicoli rubati in Europa occidentale e trasportati in Polonia e da lì in Russia ed altri mercati come l'Ungheria e la Romania - usando i collegamenti fra le organizzazioni criminali italiane, tedesche, polacche e bulgare.
    Attualmente il problema più preoccupante sembra essere quello del mercato russo dove i commercianti richiedono veicoli di recente costruzione ma usati, quindi già immatricolati all'estero. Dove non si arriva con il lecito si utilizzano veicoli riciclati provenienti da tutti i Paesi dell'Europa dell'ovest.
    I veicoli sono rubati attraverso le reti criminali iugoslave, albanesi, russe, polacche, nei paesi dove è più facile trovare la vasta gamma di veicoli richiesti dal mercato illecito, cioè Germania, Inghilterra, l'Italia, Paesi Bassi e Finlandia considerati un vero e proprio supermercato ove reperire le vetture e far fronte all'enorme domanda proveniente dai Paesi della ex Unione Sovietica, ma come già detto anche da alcuni stati dell'Asia e del nord africa.
    Dalla Polonia o altri stati come l'Albania, che fanno da intermediari, i veicoli raggiungono le repubbliche baltiche, l'Ucraina, la Russia, la regione del Caucaso o Kazakhstan. Destinazioni che gia oggi sono a rischio per questo tipo di traffici, cosa accadrà da maggio del prossimo anno?
    Quanto saranno disposte a collaborare le nuove polizie, come sono organizzate e quali strumenti adottano per combattere questo particolare crimine. C'è poi da affrontare il fenomeno inverso, ossia, ci preoccupiamo esclusivamente dei veicoli che ogni anno sono rubati nel nostro Paese, e formiamo le nostre valutazioni su quanti di questi sono stati rinvenuti e restituiti ai legittimi proprietari, mentre non sento spendere una parola su quanti veicoli rubati all'estero sono riciclati nel nostro Paese attraverso l'acquisto da parte di più o meno ignari nostri connazionali.
    Non conosciamo se esistono le statistiche europee, nessuno è un grado di valutare e studiare i flussi, quanti veicoli rubati in Italia sono stati ritrovati all'estero e in quali nazioni e viceversa quanti veicoli ad esempio rubati in Germania sono stati rinvenuti in Italia e in quale altre nazioni d'Europa, come si fa in questa situazione a determinare in modo chiaro il fenomeno e affrontare ed attuare le strategie di contrasto. Ci si rende conto che è pura utopia, ma possibile che nell'ambito delle strutture soprannazionali europee non si possa mettere in cantiere un monitoraggio costante di questo particolare crimine, o qualcuno pensa che non serva. Si è solo sognatori se si considera che non riesca a sapere nemmeno quello che succede nella propria provincia mentre si pensa a quello che succede in Europa e nel mondo. Quindi va bene la soddisfazione per i risultati acquisiti ma sicuramente c'è ancora molto da fare sotto il profilo del coordinamento interno e esterno, dello scambio di informazioni e soprattutto sul potenziamento delle strutture investigative sia per quanto riguarda gli uomini che i mezzi, questione quest'ultima che andrà affrontata seriamente. Le squadre di Polizia Giudiziaria della Stradale, non possono più operare in perenne emergenza, in questa situazione non è possibile programmare alcun tipo di attività investigativa, tutto l'enorme lavoro che viene svolto è solo grazie alla passione e allo spirito di abnegazione del personale al quale si continua a chiedere sacrifici per altro scarsamente o per nulla remunerati. Non aiuta la sfavorevole congiuntura economica, le poche risorse sono state ulteriormente ridimensionate, oggi l'ordine perentorio è risparmiare, così ci troviamo a combattere una guerra senza gli adeguati strumenti ed investimenti.
    E' per tutte queste ragioni che in questo particolare scenario si può affermare che il calo dei furti può essere attribuito senza alcun dubbio anche ai progressi compiuti dalla Polizia nella lotta a tale forma di crimine, (bontà loro), ma soprattutto, io penso, a migliori misure di sicurezza e protettive adottate sui veicoli, ad una maggiore attenzione e consapevolezza da parte dell'utenza, dalle modifiche apportate alle polizze assicurative, oppure anche da una certa saturazione del mercato. Per questioni di spazio, non potendo affrontarli tutti, mi soffermerò sul fattore che mi sembra abbia più inciso nel determinare il calo di questo fenomeno ed è l'utilizzo di migliori misure di sicurezza e protettive sui veicoli.
    Nell'Unione europea sono stati varati disposti giuridici in base ai quali i costruttori automobilistici sono obbligati a dotare tutti i nuovi veicoli di dispositivi di bloccaggio.
    Tale disposto è entrato in vigore in Germania dal gennaio 1995 e nel resto dell'Unione europea nell'ottobre 1998.
    E' proprio con l'introduzione di questi sistemi, ma anche di altri come, satellitari, dissuasori ed identificatori elettronici della proprietà, che si ha la svolta. Attualmente il nostro interesse è rivolto ai sistemi di identificazione, un sistema particolarissimo che può essere classificato tra i sistemi dissuasori, ossia quei sistemi che più che impedire il furto lo scoraggiano, ma la cosa per noi più interessante è che i sistemi consentono inoltre l'esatta identificazione del veicolo nonostante a questi siano stati sostituiti i dati di identificazione. Da anni le forze di polizia di tutto il mondo auspicano maggiore collaborazione da parte delle case costruttrici alle quali viene chiesto di installare sul veicolo diversi sistemi che consentano in fase di controllo l'identificazione veloce e certa. Ora la tecnologia esiste ed è efficiente. Si tratta di installarla sul numero maggiore di veicoli. Vedremo quanto saranno disponibili le case costruttrici, se capiranno ed adotteranno il sistema, che ha costi contenuti, oppure continueranno ad essere poco interessate a contrastare il fenomeno, tanto, come dice qualche maligno, se è vero che ci sarà chi acquista un veicolo illecito, sottraendo risorse al mercato legale, è pur vero che ci sarà un derubato che sarà costretto a ricomprarlo, magari nuovo. Come esempio prenderò in considerazione il prodotto della ditta DATATAG, in quanto si tratta della ditta che ha fornito gratuitamente alle forze dell'ordine in Italia gli scanner che consentono di "leggere" il sistema. In sostanza si tratta di diverse marchiature sia di carattere dissuasivo che identificativo. Il cuore del sistema è costituito dai TRASPONDER, in sostanza si tratta di piccoli microchip, che possono essere letti da speciali scanner forniti alle forze dell'ordine di tutta Italia. Il codice di ogni singolo trasponder viene registrato sul computer centrale della ditta, unitamente ad altri dati utilissimi per l'identificazione del veicolo in caso di furto:
    • Cognome Del Cliente
    • Numero di telefono
    • Targa
    • Numero della Chiave di Accensione
    • Motore, Telaio
    • VIN o numero di serie
    • Numeri del Risponditore
    • Numero Chimico Incisione
    • Numero di Datadot (microdot)
    I dati sono a disposizione delle forze dell'ordine che controllano il veicolo 24 ore su 24.
    I trasponder vengono istallati in posti difficilmente accessibili e in caso di rimozione danneggerebbero le parti protette rendendole prive di valore. Proprio in questi giorni sta per essere messo in commercio un kit per autoveicoli, con l'utilizzo di nuove tecnologie.
    Pensate alla facilità di rintracciare un veicolo rubato che montasse questo sistema e se questo sistema fosse utilizzato di serie su tutti i veicoli sarebbe un'ulteriore rivoluzione come l'utilizzo dell'immobilizzer che già tanti risultati ha dato.
    Questi sono gli strumenti che rendono più semplice ed efficace la nostra attività se a questo si aggiungesse una maggiore consapevolezza ed impegno e qualche risorsa in più, dove potremmo arrivare! Allora si che ci dovremmo veramente preoccupare, come dicevamo all'inizio.
    * Ispettore Capo
    Polizia Stradale, Rimini
     
  10. angel66

    angel66 Presidente Onorario BMW

    10.071
    278
    22 Ottobre 2004
    Reputazione:
    14.385.873
    BMW 530 d
    Comincio gia' a farmela addosso, anche se penso che comunque se non hai una vettura ricercata dai professionisti , bastano i normali immobilizer per fermare zingari e drogati.
     
  11. BMWPnew

    BMWPnew Kartista

    170
    14
    2 Dicembre 2009
    Reputazione:
    14.875
    BMW 530d LCI E60 - 520i E34 t
    Ciao smercki, volevo solo ringraziarti per aver trattato l'argomento.
    Ho letto tutto adesso e così mi sono aggiornato anche sugli antifurti.
    Ovviamente non c'è da stare sereni e, visto che la discussione è del 2007, speriamo che nel frattempo i ladri non si siano evoluti troppo. 8-[
     
  12. Gixer

    Gixer Aspirante Pilota

    17
    0
    28 Novembre 2009
    Reputazione:
    10
    BMW 330D
    Beh, che dire... interessantissimo articolo che mi porta però a due conclusioni:

    1) se decidono di rubarti la macchina, te la rubano. In un modo o nell'altro ma di sicuro te la rubano!!!!

    2) Le assicurazioni? Brutta roba, ti spillano un sacco di soldi, ti offrono molteplici garanzie e invece quando arriva il momento di pagare.... auguri!!!

    Va beh...
     
  13. vince59

    vince59 Secondo Pilota

    742
    24
    4 Marzo 2009
    Reputazione:
    -40
    Stelvio 4WD 284 HP benzina - X3 - X1
    Perdonami, ma ti serviva quest'articolo per arrivare a tale conclusione??? :mrgreen:
     
  14. BMWPnew

    BMWPnew Kartista

    170
    14
    2 Dicembre 2009
    Reputazione:
    14.875
    BMW 530d LCI E60 - 520i E34 t
    Ciao Gixer sono purtroppo pervenuto alle tue stesse conclusioni.
    Mah speriamo in bene e prendendo in prestito l'espressione che ho letto da qualcun'altro: SGRAT....SGRAT...

    Comunque vedo che sei un neoiscritto anche tu, quindi colgo l'occasione per dire:
    GRANDE questo forum, mi sta facendo scoprire un mondo nuovo (di info e dettagli che ci regala gente che "sa" ), ci permette di condividere insieme le nostre passioni e soprattutto mi sta facendo conoscere persone davvero straordinarie =D>.
    Ciao
     
  15. Gixer

    Gixer Aspirante Pilota

    17
    0
    28 Novembre 2009
    Reputazione:
    10
    BMW 330D
    No, non che servisse ...](*,)](*,) ma ho voluto leggerlo con l'illusione che qualcuno avesse scoperto l'america e trovato l'antifurto infallibile!! :rolleyes::rolleyes::rolleyes:
     
  16. Gixer

    Gixer Aspirante Pilota

    17
    0
    28 Novembre 2009
    Reputazione:
    10
    BMW 330D
    PAROLE SANTE!! anche se in questi giorni la fidanzata mi ha minacciato mesi di astinenza se non la smettevo di leggere...[-X[-X[-X
    Ma sai... io mi devo documentare....:lol::lol:
     
  17. BMWPnew

    BMWPnew Kartista

    170
    14
    2 Dicembre 2009
    Reputazione:
    14.875
    BMW 530d LCI E60 - 520i E34 t

    Ca.....zzarola allora abbiamo anche questo problema in comune!
    Cerchiamo di trovare la giusta dimensione ^_^^_^^_^
     
  18. Gixer

    Gixer Aspirante Pilota

    17
    0
    28 Novembre 2009
    Reputazione:
    10
    BMW 330D
    Trovato! facciamo conoscere le rispettive consorti, le mandiamo a fare shopping e ci facciamo una full immersion di forum!!
    Secondo me troviamo facilmente qualcuno che si aggrega!!

    P.S. mi sa che se continuiamo a "sporcare il post così "ci sbattono fuori, e io avrei il record di bannaggio... dopo nemmeno 10 post!! :lol::lol::lol:
     
  19. simavo

    simavo Collaudatore

    317
    2
    4 Gennaio 2010
    Reputazione:
    61
    BMW 120d
    Ciao Ragazzi, qualcuno approposito di antifurti... Ho una Serie 1 120d senza antifurto volumetrico, sapete se l'immobilizer dei che monta di serie prevede il blocco del sistema idraulico?

    Sapete consigliarmi qualche antifuto del genere da poter installare?

    Grazie!!!
     
  20. angel66

    angel66 Presidente Onorario BMW

    10.071
    278
    22 Ottobre 2004
    Reputazione:
    14.385.873
    BMW 530 d
    In che senso blocco idraulico ? l'immissione del gasolio al motore ? no !
     

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